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COVID-19 e salute mentale: crescono ansia e depressione

Contesti ad alto stress mettono più a rischio le persone con bassa resilienza e i giovani. A due anni dalla prima ondata pandemica, è quanto emerge dallo studio del Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, insieme al Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X, appena pubblicatosul The Journal of Neuropsychiatry and Clinical Neurosciences dell’American Neuropsychiatric Association. Risultati ottenuti con un approccio Machine Learning.

Le persone con minor esperienza nell’affrontare eventi stressanti sono state le più colpiti da disturbi depressivi (8%) e ansiosi (11%) durante le prime fasi della pandemia: è quanto emerge dallo studio realizzato da Humanitas University e dal Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico dell’ospedale Humanitas San Pio X pubblicato su The Journal of Neuropsychiatry and Clinical Neurosciences

(https://neuro.psychiatryonline.org/doi/full/10.1176/appi.neuropsych.21060148).


L’obiettivo della ricerca, svolta applicando tecniche di Machine Learning, era identificare i gruppi di popolazione più vulnerabili allo scopo di potenziare le strategie e le campagne di interventi pubblici per mitigare gli effetti dannosi della pandemia sulla salute mentale come, ad esempio, il bonus psicologo 2022.

Lo studio Predicting New-Onset Psychiatric Disorders Throughout the COVID-19 Pandemic: A Machine Learning Approach, guidato dal prof. Giampaolo Perna e coordinato dalla dott.ssa Daniela Caldirola, si basa sui dati di un sondaggio online distribuito dai ricercatori tra la popolazione italiana durante le prime due ondate pandemiche di maggio-giugno 2020 e settembre-ottobre 2020. Dei 3532 partecipanti maggiorenni, 736, di cui l’80% donne, sono risultati idonei a partecipare in quanto persone che, prima della pandemia, non avevano mai sofferto per un disturbo mentale e non avevano contratto il Covid.

«I dati confermano l’impatto negativo della pandemia sul benessere psicologicodichiara il prof. Giampaolo Perna, docente di Humanitas University e Responsabile del Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X -. Hanno sviluppato un disturbo mentale rispettivamente il 16% e il 18,6% dei partecipanti nella prima e nella seconda ondata, manifestando soprattutto disturbi depressivi (8%) e ansiosi (11%). Inoltre si è registrato un aumento della difficoltà nella gestione dei figli rispettivamente nel 33% dei partecipanti nella prima ondata e nel 43% nella seconda, e della fatica legata all’attività lavorativa nel 27% e nel 24% durante rispettivamente la prima e la seconda ondata. Avere una bassa resilienza, cioè minori risorse per gestire lo stress, si è rilevato un fattore di fondo capace di favorire lo sviluppo di un disturbo mentale in risposta alla pandemia, così come l’aver vissuto con intenso stress la possibilità di diffondere il virus e le misure restrittive imposte, vivere da soli o aver smesso di praticare attività fisica durante la pandemia. Tuttavia, se l’aver contratto il Covid e l’aver avuto una storia di disturbi mentali sono fattori che incidono indubbiamente sulla salute mentale in risposta alla pandemia, il non aver mai avuto un disturbo psichiatrico e l’aver “scampato” il Covid sono tutt’altro che una garanzia per la nostra salute mentale».

«I dati dicono che la popolazione che ha sviluppato un disturbo mentale è più giovane di circa 8-10 anni rispetto a quella di chi non ha avuto problemi – spiega la dott.ssa Daniela Caldirola, psichiatra del Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X e ricercatrice di Humanitas University-. L’età media dei partecipanti che hanno sviluppato un nuovo disturbo mentale è di 37,1 anni nella prima ondata e 31 anni nella seconda ondata, contro rispettivamente un’età media di 47 e 39,2 anni tra coloro che non hanno sviluppato alcun disturbo».

Il supporto del Machine Learning

Lo studio di Humanitas University e di Humanitas San Pio X ha identificato un modello predittivo di Machine Learning capace di evidenziare i fattori di rischio più importanti per la salute e il benessere mentale degli Italiani durante la pandemia. Grazie a un algoritmo che si auto-implementa e apprende attraverso un training basato sui dati ottenuti dalle risposte ai questionari online, i ricercatori sono riusciti a individuare molteplici fattori potenzialmente predittivi dello sviluppo di un disturbo mentale in persone senza preesistenti disturbi psichici e non colpite da Covid. Nel modello iniziale sono state incluse 46 variabili su aspetti individuali pre-pandemia ed esperienze personali legate alla pandemia (tra cui occupazione, stato civile, assunzione di farmaci e patologie, abitudini e stili di vita, gestione dei figli e del lavoro, sensazione relativa alla capacità di gestire lo stress e tempi di recupero della normalità), che durante il training di Machine Learning si sono ridotte alle 8 variabili più importanti che hanno portato ai risultati pubblicati.

Dai risultati alla pratica: cosa fare?

«I risultati di questo studio – sottolinea il prof. Giampaolo Perna –  suggeriscono che la riduzione dello stress e dell’ansia, il potenziamento della resilienza, il combattere la solitudine e l’incoraggiamento dell’attività fisica e sportiva potrebbero avere un importante ruolo protettivo nel favorire il benessere mentale ed evitare la comparsa di disturbi psichiatrici in risposta a stress pandemico. Campagne informative e di sostegno psicologico su larga scala durante le emergenze di salute pubblica potrebbero aiutare questi gruppi di popolazione più suscettibili allo stress a superare e sostenere meglio tali sfide».

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