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Le fasi del travaglio

L’esperienza del parto è unica in ogni donna e anche nella stessa donna può cambiare dalla prima gravidanza alle successive. Il parto è un evento fisiologico, per il quale il corpo femminile è naturalmente predisposto e al quale si prepara gradualmente, giorno dopo giorno. Ogni donna lo affronta e lo vive in modo diverso, non ci sono regole uguali per tutte, una cosa importante è però ascoltare i segnali del proprio corpo e seguire le indicazioni del personale della sala parto.

Come funziona il travaglio che conduce al parto? Come si caratterizza la fase di preparazione e quando si parla di travaglio attivo? Ne parliamo con il dottor Alessandro Bulfoni, Responsabile di Ostetricia e Ginecologia in Humanitas San Pio X.

La fase prodromica

La fase prodromica è quella che consente al corpo di prepararsi al travaglio che porterà al parto. La gestante inizierà ad avvertire le prime contrazioni, che si presenteranno in maniera irregolare, e che determineranno progressivamente la dilatazione, l’accorciamento, l’ammorbidimento e l’assottigliamento del collo dell’utero. Il bambino si sposterà così, pian piano, nel canale del parto.

Nel collo dell’utero, durante tutta la gravidanza, è presente un tappo mucoso che protegge l’utero da eventuali infezioni dalla vagina. Quando il collo si ammorbidisce e si dilata, il tappo viene espulso e la gestante avverte una perdita vaginale di consistenza vischiosa e di colore biancastro, con possibili striature rosate. La perdita del tappo non significa automaticamente che il parto è imminente, ma segnala che la gravidanza sta giungendo a termine, proprio per il cambiamento che sta subendo il collo uterino.

Un altro fenomeno che potrebbe verificarsi è quello della rottura delle membrane (la comunemente detta rottura delle acque), che si manifesta con una perdita vaginale di liquido, che se fisiologico è chiaro. In questo caso è giusto recarsi in ospedale per il ricovero. Se invece la rottura delle membrane dovesse verificarsi prima della 37a settimana o se la secrezione non appare chiara, ma molto scura (verde) è necessario recarsi in pronto soccorso con urgenza.

La durata del primo stadio è imprevedibile, soprattutto nel caso del primo figlio può durare da diverse ore ad alcuni giorni. Per affrontarla, è consigliabile riposare, fare una passeggiata, rilassarsi con una doccia o un bagno, ascoltare musica, leggere o guardare un film, cambiare posizione per trovare quella più confortevole e concentrarsi sulla respirazione, soprattutto quando giungono le contrazioni.

Il travaglio attivo

In questa fase, la dilatazione del collo dell’utero dovrà raggiungere i 10 centimetri. Le contrazioni diverranno via via più intense e dolorose e si caratterizzeranno per una cadenza sempre più regolare, ogni 10-5 minuti e poi ogni 2 minuti circa. Non si concentreranno più nella parte bassa dell’utero, ma avranno origine dall’alto per poi diffondersi verso il basso: questo fa sì che la testa del bambino venga spinta contro il collo dell’utero, raggiungendo così la dilatazione completa necessaria al passaggio del bambino.

Durante la contrazione, il dolore arriva lentamente, raggiunge il suo picco (che dura circa 30 secondi) e poi si allevia. Fa una breve pausa (sempre più breve man mano che il travaglio prosegue) e poi riparte. Durante la fase di picco si irradia anche alla regione lombare.

Anche questa fase ha una durata variabile; alla prima gravidanza, indicativamente, la dilatazione è di circa un centimetro all’ora; nelle gravidanze successive il processo è un po’ più veloce così come lo è nel caso del parto precipitoso.

Il travaglio (fase dilatante) è in genere il momento più stancante per la partoriente: le contrazioni infatti sono intense e ravvicinate, durano circa 60-90 secondi l’una e si presentano ogni 30-90 secondi. A questo punto, è il momento di andare in ospedale. Il travaglio si conclude con il periodo espulsivo.

La nascita 

Si definisce periodo espulsivo il momento che passa tra la fine del travaglio, con la completa dilatazione del collo dell’utero, e il bisogno di spingere avvertito dalla partoriente.

In questa fase, in genere, la donna è in sala parto, in continuo dialogo con il proprio corpo e con il personale ostetrico. Occorrerà infatti assecondare le contrazioni uterine con le spinte, per aiutare il bambino a nascere. La paziente sarà invitata a spingere all’apice della contrazione e a riprendere fiato tra una contrazione e l’altra. L’équipe ostetrica accompagnerà la donna passo passo e cercherà di aiutarla ad ascoltare il proprio corpo e a trovare la posizione migliore per favorire la fuoriuscita del bambino.

La testa del bambino scenderà progressivamente nelle pelvi, con conseguente sensazione di pressione contro il retto e dolore; vagina e perineo infatti raggiungono il massimo della tensione per favorire il passaggio della testa in primis e poi del resto del corpo. A un certo punto, la testa sporgerà dall’apertura vaginale, rendendosi visibile e in genere, bastano 2 o 3 spinte per consentirne la fuoriuscita. Il personale ostetrico reggerà la testa del piccolo e favorirà il passaggio prima di una spalla e poi dell’altra; il resto del corpo a questo punto scivolerà fuori naturalmente. Il parto è compiuto, il bimbo è nato e verrà adagiato pelle a pelle sul corpo della mamma (skin to skin), e protetto da una coperta calda.

Questa fase dura massimo un paio d’ore.

L’espulsione della placenta

Si procederà poi al taglio del cordone ombelicale e il neonato verrà affidato al personale per essere lavato e per ricevere i primi controlli neonatali.

Dopo il parto, la placenta si distacca e fuoriesce dalla vagina, in un processo che dura circa 30-60 minuti (secondamento).

 

 

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