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Ecografia epatica con mezzo di contrasto (CEUS)


Che cos’è l’Ecografia epatica con mezzo di contrasto (CEUS)?

L’ecografia convenzionale è una delle procedure diagnostiche più utilizzata per lo studio dei diversi organi e strutture anatomiche, in particolare del parenchiama epatico e, tra le metodiche di imaging, è quella che più di ogni altra ha conosciuto una straordinaria ed ubiquitaria diffusione, coinvolgendo discipline ed operatori che vanno ben oltre l’ambito prettamente radiologico. La continua evoluzione tecnologica e l’approntamento di sofisticate apparecchiature hanno permesso applicazioni sempre più estese dell’ultrasonografia, tali da consentire, in alcuni settori, il conseguimento di risultati diagnostici almeno sovrapponibili a quelli derivanti dall’impiego di metodiche convenzionalmente ritenute più affidabili, quali TC e RM.

L’ampia applicazione e diffusione dell’ecografia ha contribuito ad un sempre più frequente riscontro di lesioni focali epatiche misconosciute, incidentalmente diagnosticate nel corso di esami eseguiti per differenti motivi.

L’introduzione, nella pratica clinica, dei mezzi di contrasto ha magnificato le potenzialità applicative dell’ultrasonografia, con conseguenti guadagni diagnostici sia in termini di sensibilità che di specificità: in particolare nella caratterizzazione delle lesioni focali e nella valutazione di efficacia della risposta biologica ai trattamenti terapeutici. Questo è possibile grazie alla possibilità di valutare, con un esame poco invasivo e poco costoso, senza l’impiego di radiazioni, la vascolarizzazione in tempo reale e poter quindi effettuare una diagnosi differenziale tra lesioni benigne e maligne con una accuratezza diagnostica che va dall’81 al 90%.

L’impiego dei nuovi mezzi di contrasto di seconda generazione caratterizzati da una maggiore elasticità e resistenza, offre il vantaggio di ridurre la distruzione delle microbolle, consentendo di effettuare un’indagine contrastografica dinamica in tempo reale durante tutta la fase perfusionale. Il mezzo di contrasto (m.d.c.) per ecografia è costituito da una soluzione contenente piccole bolle che racchiudono al loro interno un gas inerte (Esafluoruro di zolfo); ognuna di queste microbolle è più piccola di un globulo rosso e riflette il segnale ultrasonografico aumentando l’ecogenicità del sangue rispetto a quella degli altri tessuti. Il mezzo di contrasto viene iniettato per via endovenosa attraverso un cateterino venoso periferico e dopo la somministrazione rimane in circolo per un breve periodo, tuttavia sufficientemente lungo da consentire di identificare e tipizzare meglio la lesione da studiare.

Nella pratica clinica la metodica viene oggi utilizzata come completamento dell’ecografia convenzionale, soprattutto nello studio delle lesioni focali epatiche incidentali poiché l’accuratezza diagnostica dell’ecografia convenzionale nella visualizzazione di lesioni focali epatiche con diametro inferiore a 2 cm è inferiore – uguale al 50%.

Le lesioni epatiche incidentali di più frequente riscontro sono, nell’ambito della patologia benigna, le cisti(semplici, complesse o parassitarie), l’emangioma, l’iperplasia nodulare focale (INF) e l’adenoma. Nell’ambito della patologia neoplastica maligna abbiamo l’epatocarcinoma (HCC) e le lesioni secondarie (metastasi).

A che cosa serve l’Ecografia epatica con mezzo di contrasto?

Il fegato è fornito di un doppio supporto vascolare attraverso l’arteria epatica (25-30%) e la vena porta (70-75%). L’iniezione di un mezzo di contrasto nel circolo periferico permette di identificare tre distinte fasi della perfusione vascolare epatica: la fase arteriosa a 15-30 secondi, la fase portale a 30-60 secondi, e la fase sinusoidale a da 45-60 secondi in poi, con scomparsa delle microbolle a 240-360 secondi. La rete di neovascolarizzazione dei tumori epatici, in particolare maligni, si riflette in modificazioni significative del flusso ematico nel tumore, che possono essere analizzate ai fini diagnostici con l’eco-color-Doppler, e in modificazione della perfusione che può essere analizzata con le tecniche contrastografiche, come la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica (RM) e l’ecografia con contrasto. In particolare, i tempi e il pattern di distribuzione del mezzo di contrasto nella lesione focale rispetto al parenchima epatico circostante permettono di definire una serie di criteri che vengono utilizzati ai fini diagnostici.

Quando viene identificata una lesione focale epatica, il primo quesito riguarda la differenziazione della sua natura benigna o maligna, poiché questa condiziona la prognosi del paziente e il successivo iter diagnostico e terapeutico. In molti casi l’ecografia è la prima metodica con la quale viene identificata una lesione focale epatica e, spesso, l’ecografia convenzionale è insufficiente per indirizzare correttamente la diagnosi. È indubbio che sia l’interpretazione delle informazioni diagnostiche fornite dall’ecografia convenzionale sia le scelte dell’iter successivo sono influenzate dal contesto clinico del paziente.

Nel caso di riscontro di lesione focale epatica in paziente con anamnesi negativa per malattia oncologica e per epatopatia cronica, si possono verificare essenzialmente due condizioni:

  • se la lesione focale epatica presenta caratteristiche suggestive per la natura benigna all’ecografia convenzionale (cisti semplice o angioma tipico) in questo caso l’iter diagnostico può ritenersi concluso e non richiedere ulteriori accertamenti.
  • nel caso la lesione focale presenti caratteristiche dubbie o sospette per la natura maligna diviene indispensabile proseguire l’iter diagnostico con l’ecografia con mezzo di contrasto. Se questa fornisce un quadro suggestivo per la natura benigna, la diagnosi può considerarsi definitiva e l’iter diagnostico concluso. Se invece dall’ecografia con mezzo di contrasto emergono elementi che non consentono di porre una diagnosi di benignità o elementi suggestivi per la natura maligna, sarà necessario proseguire l’iter diagnostico con altre tecniche come la TC spirale con mezzo di contrasto e/o la RM con doppio contrasto. Se si conferma l’orientamento per diagnosi di malignità può essere necessario completare l’iter con il riscontro bioptico, soprattutto nel caso in cui sia stata identificata la sede e la natura del tumore primitivo.

Nel casi di riscontro di lesione focale epatica in paziente con anamnesi positiva per malattia oncologica, anche se la lesione focale epatica presenta caratteristiche suggestive per la natura benigna all’ecografia convenzionale, è indicato ottenere una conferma con l’ecografia con mezzo di contrasto, che si rende obbligatoria quando la lesione focale presenti caratteristiche dubbie o sospette per la natura maligna. In caso di benignità può essere prudentemente utile avere una conferma anche da altre metodiche di imaging (TC spirale o RM), mentre in un quadro indicativo di malignità può essere conclusivo.

Nel caso invece di riscontro di lesione focale epatica in paziente con anamnesi positiva per epatopatia cronica è necessaria una particolare attenzione, in quanto si possono trovare una serie di lesioni visibili alle tecniche di imaging, che variano dal macronodulo rigenerativo al nodulo displastico e all’epatocarcinoma(HCC) ben differenziato. La probabilità di malignità di un nodulo riscontrato in un fegato cirrotico è elevata, fino al 50% in noduli di 1 cm di diametro, e aumenta progressivamente da 1 a 3 cm di diametro (Nakashima). Alla luce di queste considerazioni, un nodulo riscontrato durante il programma di sorveglianza nel paziente cirroticodeve essere considerato maligno fino a prova contraria.

Le linee guida recentemente definite nella Consensus Conference di Barcellona indicano che la diagnosi di epatocarcinoma deve essere basata sul riscontro di un aspetto ipervascolare concordante in due tecniche di imaging o da criteri combinati (aspetto ipervascolare a una tecnica di imaging in associazione a livelli di alfafetoproteina ≥ 400 ng/ mL), mentre in assenza di questi criteri è necessario ricorrere alla biopsia. L’ecografia con mezzo di contrasto si inserisce efficacemente in questo iter diagnostico, innanzitutto come tecnica di conferma della ipervascolarizzazione arteriosa da affiancare alla TC spirale, riducendo il numero dei casi in cui è necessario ricorrere ad altre tecniche di imaging e alla biopsia. Con l’ecografia con mezzo di contrasto è possibile studiare anche dei piccoli noduli e fornire una risposta identificando un aspetto ipervascolare in piccoli HCC negativi alla TC spirale.

Lesioni focali epatiche: detection delle metastasi

Il fegato è il principale organo bersaglio di metastasi a partenza da numerose neoplasie primitive, soprattutto del tratto gastrointestinale. Una precisa identificazione e una corretta stadiazione delle metastasi epatiche è di importanza determinante nel definire la prognosi è il piano terapeutico ottimale in diversi contesti clinici quali l’inquadramento prima dell’asportazione del tumore primitivo, nella sorveglianza del paziente sottoposto a intervento di resezione radicale del tumore primitivo, nel follow-up di pazienti con metastasi epatiche già note per definire la risposta terapeutica e nella stadiazione in vista di un intervento di resezione epatica delle metastasi stesse.

L’ecografia è la tecnica più diffusa per la ricerca di metastasi epatiche e si caratterizza per una elevata specificità, tuttavia limitata da una sensibilità inferiore ad altre tecniche di imaging. L’ecografia con mezzo di contrasto è in grado di rivelare le metastasi anche di piccole dimensioni, che vengono visualizzate come aree nettamente ipoecogene rispetto al parenchima circostante in fase tardiva, quando il mezzo di contrasto permane nel microcircolo (e nel sistema reticolo-endoteliale) del parenchima epatico ma non nel tessuto tumorale. Le linee guida recentemente predisposte da una apposita commissione europea (EFSUMB guidelines for the use of contrast agents in liver ultrasound – 2004) raccomandano l’impiego dell’ecografia con mezzo di contrasto nelle seguenti condizioni:

  • in aggiunta alla TC spirale e/o alla RM per l’esclusione o la dimostrazione di una singola metastasi o di ulteriori metastasi epatiche in ogni paziente neoplastico che può essere considerato potenzialmente eligibile per una terapia chirurgica, loco-regionale o farmaceutica, nel quale la scelta terapeutica dipende da una precisa stima del coinvolgimento neoplastico epatico; raccomandazione che deve essere considerata sia alla prima diagnosi che durante il follow-up del paziente.
  • Ricerca di piccole metastasi in pazienti con sospetto clinico di metastasi epatiche (ad esempio per elevazione dei markers tumorali) e in cui l’ecografia convenzionale, la TC spirale e/o la RM forniscono risultati dubbi o negativi.

Tali indicazioni valgono per metastasi di ogni tipo ma assumono particolare rilievo nel caso di metastasi da tumore del colon-retto, per il quale le opzioni terapeutiche rappresentate dalla chirurgia resettiva e, in casi selezionati, dalla termoablazione ecoguidata, possono influenzare favorevolmente la sopravvivenza. Un ulteriore punto da definire riguarda il timing del programma di sorveglianza.

Monitoraggio dei trattamenti loco-regionali dei tumori epatici

I trattamenti percutanei ecoguidati – in particolare alcolizzazione e termoablazione con radiofrequenze – sono oggi considerati fra le terapie radicali dei tumori epatici e vengono ampiamente utilizzati nella pratica clinica, con risultati simili a quelli della chirurgia resettiva in termini di sopravvivenza. Le tecniche di imaging svolgono un ruolo di primo piano nelle diverse fasi delle procedure interventistiche, a partire dalla stadiazione della malattia e dalla selezione dei pazienti al controllo dell’efficacia del trattamento e nel follow-up a distanza.

In accordo con le linee guida (EFSUMB), l’ecografia con mezzo di contrasto può essere utilizzata in queste diverse fasi:

  • come tecnica complementare alla TC e/o alla RM nella stadiazione prima del trattamento
  • come guida al posizionamento dell’ago nelle lesioni visualizzabili e delineabili con difficoltà all’ecografia convenzionale
  • valutazione immediata al termine del trattamento di radiofrequenza, per guidare eventualmente ulteriori posizionamenti dell’ago
  • valutazione dell’efficacia del trattamento a distanza di tempo e delle recidive locali nei casi in cui la TC e/o la RM non siano dispponibili o non forniscano risultati definitivi

L’esame è pericoloso e/o doloroso?

Dalla sua commercializzazione, nell’ottobre 2001, il SonoVue è stato somministrato a 150.000 pazienti. Durante questo periodo sono stati riportati rari casi (circa lo 0.01%) di reazioni di tipo allergico con sintomi quali: reazioni cutanee, diminuzione della frequenza cardiaca e/o grave diminuzione della pressione arteriosa, che in qualche caso hanno portato alla perdita di coscienza. Tali eventi possono essere particolarmente pericolosi nei pazienti con gravi patologie cardiache, in cui si sono verificati casi di morte. Le altre reazioni osservate sono state: mal di testa, reazioni in sede di iniezione (arrossamento, gonfiore, dolore), nausea, dolore toracico, alterazioni del gusto, formicolio, sensazione di calore con rossore. La maggior parte di queste reazioni è stata di lieve entità e si è risolta spontaneamente senza conseguenze.

Come si svolge l’esame?

L’intera procedura ha una durata di circa 15-20 minuti. Per i 30 minuti successivi all’ultima iniezione di m.d.c. il paziente viene tenuto sotto osservazione per verificare l’eventuale comparsa di disturbi per 15-30 minuti dopo l’esame.

Esistono norme di preparazione all’esame?

Come avviene per la somministrazione di tutti i mezzi di contrasto impiegato nelle tecniche di imaging è necessario che il paziente firmi un consenso informato. Le uniche controindicazioni alla somministrazione di mezzo di contrasto ecografico sono una accertata allergia nei confronti delle sostanze che compongono il mezzo di contrasto (Esafluoruro di zolfo) oppure una anamnesi positiva per malattia cardiache (angina, malattia ischemica cardiaca, infarto pregresso o recente).