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Aborto spontaneo


Che cos’è l’aborto spontaneo?

Il termine medico “aborto spontaneo” sta ad indicare un’interruzione di gravidanza che avviene spontaneamente entro i primi 180 giorni di gravidanza ed è la patologia ostetrica più comune: le statistiche evidenziano infatti che l’aborto spontaneo accade nel 12-15% delle gravidanze; una gravidanza su 6 è quindi destinata ad interrompersi.

L’aborto spontaneo può essere “completo” e dunque consistere nell’espulsione spontanea totale dell’embrione o feto senza vita, o “incompleto” o “ritenuto” ossia quando la gravidanza è parzialmente o completamente presente nella cavità uterina, ma non è presente attività cardiaca del feto.

Quali sono le cause?

La metà degli aborti spontanei rimane senza causa precisa e individuabile. Quelle che possono portare le donne in gravidanza ad un aborto spontaneo sono tante, tra le principali vi sono:

  • anomalie cromosomiche (è sicuramente la causa più frequente di abortività spontanea. La frequenza aumenta con l’aumentare dell’età materna);
  • malformazioni congenite (utero setto, unicorne ecc) o acquisite (polipi, fibromi) dell’utero;
  • incontinenza cervicale (il collo uterino tende a dilatarsi in epoca molto precoce di gravidanza, anche in assenza di contrazioni, conducendo all’espulsione del feto);
  • malattie autoimmuni o trombofiliche (in cui aumenti , cioè, la coagulazione del sangue);
  • patologie infettive come toxoplasmosi, rosolia, infezione da citomegalovirus che possono contagiare il feto e causarne la sofferenze e poi la morte;
  • infezioni vaginali non trattate;
  • insufficienza del corpo luteo che non produce abbastanza progesterone, l’ormone che favorisce l’impianto e il mantenimento della gravidanza nel primo trimestre.

Quali sono i sintomi?

A volte possono capitare anche i cosiddetti aborti silenti, manifestazioni che nonostante la diagnosi viene fatta con l’ecografia, non hanno comunque presentato alcuna tipologia sintomatica. Più frequentemente vi sono perdite ematiche o contrazioni uterine. I sintomi con cui si può presentare un aborto spontaneo possono essere molto diversi tra loro e variabili in rapporto alle diverse situazioni cliniche e settimane di gravidanza.

Come prevenire un aborto spontaneo?

Le azioni di prevenzione dell’aborto spontaneo sono poche, diverse tra loro e variano in base al tipo di minaccia di aborto.

Il riposo è senza dubbio il principale consiglio e trattamento fondamentale suggerito dal medico quando la gestante è un soggetto a rischio aborto. Una terapia preventiva a base di progesterone può essere efficace nei casi in cui si sospetti una insufficienza del corpo luteo. In caso di patologie autoimmuni (come la sindrome da antifosfolipidi) o in condizioni di eccessiva trombofilia, possono essere prescritti l’utilizzo di eparina o di acido acetil-salicilico. Quando si fa diagnosi di incompetenza cervicale, talvolta si esegue il cerchiaggio della cervice. È bene provvedere al trattamento di patologie come il diabete o a carico della tiroide già prima dell’inizio di una gravidanza.

Diagnosi

In linea di massima la diagnosi di aborto spontaneo viene fatta a seguito di:

  • visita ostetrica;
  • ecografia.

Possono essere prescritti anche:

  • dosaggio plasmatico della frazione beta dell’ormone della gravidanza (HCG). L’HCG viene prodotto a partire dall’impianto in utero e aumenta costantemente fino al terzo mese di gravidanza. Le sue modificazioni sono utili per capire l’evolutività o meno di una gravidanza.

Trattamenti

Diagnosticato un aborto spontaneo, le strade possibili sono generalmente due:

1) la terapia chirurgica: è il cosiddetto “raschiamento” mediante isterosuzione. In pratica, si procede all’aspirazione del materiale abortivo ritenuto in cavità uterina, mediante una cannula inserita attraverso il canale cervicale, in anestesia.

2) in alcuni casi si può decidere di attendere la spontanea espulsione del materiale abortivo dall’utero o facilitarne l’espulsione stessa tramite la somministrazione di farmaci che facilitino la contrazione uterina. Si parla in questo caso di “condotta di attesa”, che viene applicata quasi esclusivamente in presenza di aborto incompleto (più raramente nel caso degli aborti interni), e soprattutto se l’aborto è avvenuto nelle settimane iniziali di gravidanza.