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Caviglia: l’artroscopia diventa nanoscopia. Così si rigenera la cartilagine 

Uno strumento grande come un ago, inferiore a 5 mm, con un’ottica montata alla sua estremità. Così si eseguono oggi gli interventi in nanoscopia per la rigenerazione della cartilagine di caviglia lesionata dall’artrosi. Ne parla il dottor Federico Usuelli, responsabile del Centro della Chirurgia della Caviglia e del Piede di Humanitas San Pio X autore di questo intervento in Italia. 

«Per la prima volta in Italia – spiega Federico Usuelli -, la rigenerazione della cartilagine della caviglia si può effettuare in nanoscopia, una tecnica artroscopica che utilizza strumenti estremamente ridotti. Oltre a permettere un’eccellente visione 3D durante il trattamento rigenerativo, e ridurre ulteriormente l’invasività dell’intervento già minima con l’artroscopia, la nanoscopia permette di effettuare contestualmente una procedura di rigenerazione della cartilagine di caviglia, chiamata subcondroplastica, che permette di ristabilizzare la qualità dell’osso edematoso sotto la cartilagine, chiamato osso subcondrale, in modo da rendere più resistente anche la cartilagine che lo ricopre. Infatti, se l’osso che sostiene la cartilagine è reso più fragile dall’edema, per esempio, questo determina un’area di minor resistenza quando si cammina. Per rendere l’idea, basti pensare a un pavimento che si sfonda quando ci si cammina sopra. La stabilizzazione dell’osso con subcondroplastica richiede l’utilizzo di una specie di cemento biologico iniettato in modo estremamente preciso nell’astragalo che, indirettamente, stabilizza e rende più resistente anche la cartilagine e le aree subcondrali dove non c’era stabilità. La nanoscopia permette di vedere nel dettaglio l’efficacia del trattamento con il cemento biologico, e intervenire con una invasività minima, cosa che era limitata dall’artroscopia, a causa della maggiore dimensione degli strumenti».

Rigenerazione cartilaginea: dalle microperforazioni alla nanoscopia

«L’evoluzione della cura della patologia della cartilagine della caviglia ha fatto passi ha subito un’accelerazione- continua l’esperto -. Negli anni ‘90, la rigenerazione della cartilagine della caviglia si avvaleva delle microperforazioni dell’area malata, allo scopo di stimolare un lieve sanguinamento in modo da favorire la fuoriuscita di cellule dal potere rigenerativo. In questo modo, si formava quella che veniva definita fibrocartilagine, cioè una cartilagine simile ma non uguale a quella di prima. Oggi, dopo vari step di evoluzione nella riparazione cartilaginea, sono nate tecniche che usano sempre le stesse cellule usate per la microperforazione, ma con tecnologie che permettono di favorire la formazione di un tessuto ordinato, usando membrane con una trama in ordito e facilitano la disposizione ordinata delle cellule, favorendo la formazione di un tessuto cartilagineo. Originariamente questi tipi di interventi richiedevano una chirurgia invasiva (chirurgia aperta o open); con il mio gruppo abbiamo descritto una tecnica artroscopica, oggi una delle più utilizzate in Europa, per rigenerare la cartilagine della caviglia a cui oggi si aggiunge una evoluzione ulteriore con la nanoscopia. Strumenti piccolissimi che permettono sia di vedere, sia di intervenire, in spazi ridotti come quelli sull’astragalo». 

«Per evitare e prevenire conseguenze sulla salute del complesso piede-caviglia – conclude il dottor Usuelli – in presenza dei sintomi da distorsione è sempre raccomandabile rivolgersi a un ortopedico esperto di caviglia per una visita accurata, anche a distanza dal trauma».

 

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