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Donne e sport: cosa fare in caso di stress da overuse?

Molte sono le donne che nello sport ottengono performance da medagliere in ogni disciplina sportiva. Recenti sono le medaglie di Sofia Goggia, Federica Brignone, e come non ricordare la “divina” Federica Pellegrini. I loro successi sono il risultato di tanto allenamento che, in alcuni casi, può portare a lesioni, dolore e infiammazione, proprio come negli uomini. 

Cosa fare in caso di stress da overuse? Ne parliamo con il dottor Pierantonio Gardelin, ortopedico di Humanitas San Pio X, referente della chirurgia mininvasiva anteriore e di rivestimento dell’anca. 

«Uomini e donne, è innegabile, sono biologicamente diversi anche nella struttura muscolare e scheletrica – dice l’esperto -. Ad esempio, le donne hanno una dimensione della testa femorale più piccola rispetto all’uomo, il bacino è più largo, sono più predisposte dei maschi a una patologia chiamata displasia dell’anca, ma anche artrite reumatoide e altre patologie autoimmuni che possono colpire anche l’articolazione dell’anca. Questo non limita certamente alle donne la possibilità di fare ogni tipo di sport, ma significa che, in caso di stress da overuse o alcune patologie dell’anca che richiedano l’intervento di protesi, gli impianti per le donne potrebbero essere diversi o più piccoli rispetto a quelli dei colleghi maschi». 

Sport e stress da overuse: cosa succede all’anca? 

«Nelle femmine come nei maschi, la ricerca della performance sportiva richiede allenamenti, gare, determinazione e sacrificio – prosegue il dottor Gardelin -. Questo, però, in sportivi con particolare predisposizione individuale all’artrosi e quindi all’usura dell’anca, oppure con anche lievi anomalie congenite dell’anca o piccole protuberanze ossee che provocano conflitto femoro-acetabolare (spesso già in giovane età), uno stress eccessivo da sport in allenamenti e gare può essere all’origine di quel dolore all’anca chiamato pubalgia. Il dolore da overuse, in questi casi è il risultato di un non fluido movimento della testa del femore di forma sferica, che si articola nella “coppa” nel bacino, chiamata acetabolo. Anomalie congenite o piccole protuberanze ossee, chiamate osteofiti, possono creare ostacolo al movimento dell’anca (conflitto o impingement femoro-acetabolare) e nel tempo, creare danni alla cartilagine». 

Cosa fare in caso di stress da overuse? 

«Se da un lato, praticare attività fisica è protettivo nei confronti dell’artrosi, dall’altro praticare sport ad alto livello o in modo eccessivo contribuisce ad accelerare l’usura della cartilagine e quindi la patologia artrosica – sottolinea l’esperto -. Pertanto, in caso di pubalgia gli sportivi non dovrebbero mai sottovalutare il sintomo del dolore e rivolgersi a un ortopedico per stabilire la natura del dolore stesso e, nel caso, intervenire con terapie conservative prima che il conflitto femoro-acetabolare o l’artrosi possano danneggiare l’anca e dover costringere lo sportivo a rallentare o fermarsi. 

In molti casi l’artroscopia può essere la soluzione del dolore da conflitto femoro-acetabolare, specie in presenza di protuberanze ossee; in altri casi, possono essere indicati trattamenti di medicina rigenerativa con infiltrazioni ecoguidate per rallentare la progressione di eventuali patologie degenerative della cartilagine. Tuttavia, quando il dolore non è più gestibile con la terapia conservativa e nei rari casi di danni cartilaginei importanti, per tornare a praticare sport senza dolore la soluzione potrebbe essere la protesi d’anca. 


«Particolarmente importante per gli sportivi per il rapido recupero delle performance pre-patologia, è la conservazione dei muscoli durante l’intervento. La tecnica chirurgica mini-invasiva per via anteriore è, secondo la mia esperienza e secondo i dati di letteratura, la chirurgia che permette sia di ottimizzare il programma di recupero specifico dell’atleta dopo l’intervento, sia di mantenere la sensazione di avere la propria anca e si riduce anche il rischio di lussazione d’anca, fondamentale in chi pratica sport. Inoltre – conclude il dottor Gardelin -, proprio perché l’incisione è obliqua e segue la piega inguinale è poco visibile così da prendere il nome di tecnica “bikini” in quanto facilmente copribile da un costume da bagno».

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