Con il mal di schiena non si scherza. Almeno una volta nella vita ne ha sofferto circa l’80% della popolazione mondiale, specie giovani attivi in età lavorativa. Per questo, quando compare è bene sapere cosa fare. «Il dolore alla schiena è sempre un campanello d’allarme da non sottovalutare – dice il dott. Giovanni Casero, chirurgo spinale di Humanitas San Pio X -. Se compare all’improvviso in assenza di un evento traumatico, è consigliabile rivolgersi al proprio medico per inquadrare il problema e adottare una corretta terapia, spesso fisioterapica. Se invece, insieme al dolore, si avvertissero sintomi neurologici, come formicolio o “corrente” irradiati lungo le gambe, meglio rivolgersi subito allo specialista. Ricordiamo che solo 1 paziente su 8 necessita di trattamento chirurgico per risolvere il suo dolore lombare; la maggioranza invece trae beneficio dal trattamento conservativo, come il semplice riposo, associato a farmaci antinfiammatori (FANS), fisioterapia e cure fisiche come tecarterapia, laser, ecc.».
E se il mal di schiena non passa?
«Quando i trattamenti definiti conservativi non sono efficaci o non danno più beneficio al paziente – prosegue l’esperto -, può essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico. Momento fondamentale per stabilire il tipo di trattamento e quale tecnica chirurgica utilizzare è la visita dal chirurgo spinale. Durante la visita, oltre alla visione degli esami strumentali, verranno valutati il tipo di dolore e la disabilità che ne deriva, ovvero la riduzione della qualità di vita del paziente. Lo stesso sintomo infatti può causare disagi molti diversi in pazienti diversi, e quindi è determinante parlare con il paziente. Gli esami strumentali danno un “nome e cognome” alla patologia che causa il sintomo del dolore cronico alla schiena e sono fondamentali nella decisione della tecnica operatoria da adottare. Quasi mai però l’esame strumentale ci dice se operare oppure no: questa decisione, salvo pochi casi, è guidata dall’esame clinico».
Mal di schiena: quando la chirurgia è mininvasiva
«In caso sia necessario intervenire – sottolinea il dott. Casero -, oggi sono disponibili tecniche di chirurgia mininvasiva che preservano e rispettano i tessuti del paziente (muscoli, tendini, legamenti), aiutano a ridurre e controllare il dolore post-operatorio, e favoriscono un recupero funzionale completo della schiena, ovvero il ritorno alla vita quotidiana. Il paziente operato con tecnica mininvasiva, avrà cicatrici più piccole, minori problemi di aderenze e potrà iniziare subito il percorso fisioterapico di riabilitazione. Tuttavia, è da sottolineare che queste tecniche hanno indicazioni precise, non sono quindi adatte a tutte le patologie e a tutti i pazienti. Abbiamo soggetti che per caratteristiche anatomiche devono essere operati con tecnica tradizionale, pena un aumento del rischio operatorio, ad esempio. Le tecniche mininvasive – conclude l’esperto – rappresentano sicuramente una innovazione ma i pazienti vanno selezionati attentamente e quando non sono chiaramente indicate meglio utilizzare tecniche tradizionali, riducendo i rischi intraoperatori anche a fronte di una convalescenza più lunga».
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