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Tenosinovite stenosante (dito a scatto)

Tenosinovite stenosante (dito a scatto)

 

La tenosinovite stenosante, comunemente nota come dito a scatto, interessa le pulegge e i tendini della mano, indispensabili per la flessione delle dita.

I tendini funzionano come delle lunghe funi e connettono i muscoli dell’avambraccio alle ossa delle dita. Nelle dita le pulegge formano dei tunnel fibrosi entro cui scorrono i tendini, facilitati dalla presenza delle relative guaine. Le pulegge trattengono i tendini vicino alle ossa con lo scopo di ottenere il movimento di flessione delle dita.

La tenosinovite stenosante si presenta quando nella guaina tendinea si sviluppa una zona di rigonfiamento. Ogni volta che attraversa la puleggia vicina al rigonfiamento il tendine viene schiacciato con conseguente dolore e una sensazione di scatto nel dito corrispondente. Quando il tendine scatta produce ulteriore infiammazione e gonfiore. Si crea così un circolo vizioso che sostiene l’infiammazione, il gonfiore e lo scatto del dito. Talvolta il dito si blocca in flessione e diventa difficile e molto doloroso raddrizzarlo.

 

Quali sono le cause della tenosinovite stenosante?

Le cause di questo processo infiammatorio non sono sempre chiare. Può essere dovuto a microtraumi ai tendini flessori o a un sovraccarico funzionale, ma giocano anche un ruolo importante patologie come artrite reumatoide, diabete e gotta.

 

Quali sono i sintomi della tenosinovite stenosante?

Il dito a scatto si manifesta inizialmente con indolenzimento alla base del dito, dove può essere rilevato un piccolo nodulo.

 

Trattamento

L’obiettivo del trattamento è eliminare lo scatto o il blocco del dito e ripristinarne il normale movimento. Il gonfiore intorno al tendine flessore e alla sua guaina devono essere ridotti per consentire un migliore scorrimento nella puleggia. La somministrazione di antinfiammatori e l’applicazione di tutori possono essere indicati per diminuire l’infiammazione del tendine. Il trattamento può anche includere il cambiamento delle attività manuali.

Qualora questi trattamenti non dovessero essere sufficienti a migliorare i sintomi, al paziente può essere suggerito un intervento in day hospital. Lo scopo della chirurgia è di aprire la prima puleggia in modo che il tendine possa scorrere liberamente. Il movimento attivo del dito generalmente inizia subito dopo l’intervento e l’uso normale della mano può essere raggiunto in breve tempo.

Ecocardiografia (ecocardiogramma)

Ecocardiografia (ecocardiogramma)

 

L’ecocardiografia è una metodica con cui si studiano il cuore e il flusso del sangue attraverso le valvole per mezzo degli ultrasuoni. A differenza delle radiazioni utilizzate in radiologia, gli ultrasuoni sono innocui, per cui non è necessaria alcuna precauzione e l’esame può essere eseguito su qualunque paziente innumerevoli volte (anche nelle donne in gravidanza).

 

A che cosa serve l’ecocardiografia?

L’ecocardiografia permette di ottenere informazioni sulla contrattilità del cuore, sulla morfologia delle sue valvole e sul flusso del sangue nelle sue cavità, sia a riposo che dopo l’esercizio fisico o l’assunzione di un farmaco.

Esistono varie modalità di esecuzione:

-l’ecocardiografia transtoracica,

-l’ecocardiografia transesofagea (per via endoscopica),

-l’ecocardiografia 3D (tridimensionale).

 

Come funziona l’ecocardiografia?

Il paziente deve stendersi a petto nudo sul lettino dell’ecografista, che gli posizionerà degli elettrodi sul petto. In seguito l’ecografista spalmerà un apposito gel sul petto del paziente e sul trasduttore, una sonda che, appoggiata sul torace, emette gli ultrasuoni che, riflessi e rielaborati dall’apparecchiatura, permettono di visualizzare il cuore e le sue strutture. La sonda verrà spostata sul petto con una leggera pressione. Al paziente potrebbe essere chiesto di rimanere immobile o di respirare profondamente. Al termine dell’esame gli elettrodi saranno rimossi e non resterà che pulirsi dal gel rimasto sul petto. La durata complessiva dell’esame è di circa 10-15 minuti.

 

Chi può effettuare l’ecocardiografia?

Non esistono particolari controindicazioni all’ecocardiografia: chiunque può sottoporsi all’esame.

 

Quali sono le norme di preparazione?

A seconda della tipologia di esame possono essere necessarie o meno norme di preparazione:

-per informazioni sull’ecocardiografia transtoracica.

-per informazioni sull’ecocardiogramma transesofageo.

-per informazioni sull’ecocardiografia 3D.

 

L’ecocardiografia è pericolosa o dolorosa?

L’ecocardiografia né dolorosa, né pericolosa.

Ecocardiografia (ecocardiogramma) 3D

Ecocardiografia (ecocardiogramma) 3D

 

L’ecocardiografia è una metodica con cui si studiano il cuore e il flusso del sangue attraverso le valvole per mezzo degli ultrasuoni. A differenza delle radiazioni utilizzate in radiologia, gli ultrasuoni sono innocui, per cui non è necessaria alcuna precauzione e l’esame può essere eseguito su qualunque paziente innumerevoli volte (anche nelle donne in gravidanza).

 

A che cosa serve l’ecocardiografia 3D?

L’ecocardiografia 3D consente di effettuare una migliore valutazione d’insieme del cuore, particolarmente utile nel caso delle malattie valvolari (soprattutto della valvola mitrale) e dei difetti interatriali.

Come funziona l’ecocardiografia 3D?

Il paziente deve stendersi a petto nudo sul lettino dell’ecografista, che gli posizionerà degli elettrodi sul petto. In seguito l’ecografista spalmerà un apposito gel sul petto del paziente e sul trasduttore, una sonda che, appoggiata sul torace, emette gli ultrasuoni che, riflessi e rielaborati dall’apparecchiatura permettono di visualizzare il cuore e le sue strutture. La sonda verrà spostata sul petto con una leggera pressione. Al paziente potrebbe essere chiesto di rimanere immobile o di respirare profondamente. Al termine dell’esame gli elettrodi saranno rimossi e non resterà che pulirsi dal gel rimasto sul petto. La durata complessiva dell’esame è di circa 10-15 minuti.

 

Chi può effettuare l’ecocardiografia 3D?

Non esistono particolari controindicazioni all’ecocardiografia: chiunque può sottoporsi all’esame.

 

Sono presenti norme di preparazione?

L’ecocardiografia 3D non richiede nessuna preparazione.

 

L’ecocardiografia 3D è pericolosa o dolorosa?

L’ecocardiografia non è né dolorosa né pericolosa.

Ecocardiografia transesofagea per via endoscopica

Ecocardiografia transesofagea per via endoscopica

 

L’ecocardiografia è una metodica con cui si studiano il cuore e il flusso del sangue attraverso le valvole per mezzo degli ultrasuoni. A differenza delle radiazioni utilizzate in radiologia, gli ultrasuoni sono innocui, per cui non è necessaria alcuna precauzione e l’esame può essere eseguito su qualunque paziente innumerevoli volte (anche nelle donne in gravidanza).

 

A che cosa serve l’ecocardiografia transesofagea per via endoscopica?

L’ecocardiografia permette di ottenere informazioni sulla contrattilità del cuore, sulla morfologia delle sue valvole e sul flusso del sangue nelle sue cavità, sia a riposo che dopo l’esercizio fisico o l’assunzione di un farmaco.

L’ecocardiografia transesofagea rappresenta un esame di secondo livello, indicato generalmente nel caso in cui l’ecocardiogramma transtoracico sia ritenuto insufficiente o non interpretabile rispetto al quesito clinico; in alcuni casi può essere direttamente prescritto come test d’elezione: presenza di patologie difficilmente diagnosticabili, come rare malformazioni congenite, malattie dell’aorta toracica o difetti complessi delle valvole cardiache.

Come funziona l’ecocardiografia transesofagea per via endoscopica?

Il paziente deve stendersi a petto nudo sul lettino dell’ecografista, che gli posizionerà degli elettrodi sul petto. In seguito l’ecografista spalmerà un apposito gel sul petto del paziente e sul trasduttore, una sonda che, appoggiata sul torace, emette gli ultrasuoni che, riflessi e rielaborati dall’apparecchiatura, permettono di visualizzare il cuore e le sue strutture. La sonda verrà spostata sul petto con una leggera pressione. Al paziente potrebbe essere chiesto di rimanere immobile o di respirare profondamente. Al termine dell’esame gli elettrodi saranno rimossi e non resterà che pulirsi dal gel rimasto sul petto. Il paziente deve togliere eventuali occhiali e protesi, stendersi sul fianco e posizionarsi con busto e collo leggermente flessi versi le gambe. In seguito dovrà deglutire una sonda simile a quella usata per la gastroscopia, inserita attraverso un boccaglio posto tra i denti. La durata complessiva dell’esame è di circa 10-15 minuti.

Chi può effettuare l’ecocardiografia transesofagea per via endoscopica?

Non esistono particolari controindicazioni all’ecocardiografia: chiunque può sottoporsi all’esame.

 

Sono previste norme di preparazione?

Per eseguire l’ecocardiogramma transesofageo è necessario essere a digiuno dalla mezzanotte precedente il giorno dell’esame. Le medicine possono essere assunte cercando di bere solo la minima quantità sufficiente per deglutire i farmaci. In caso di diabete è importante consultarsi con il proprio medico per definire la dose adeguata di insulina che dovrà essere ovviamente ridotta per il digiuno.

 

L’ecocardiografia transesofagea per via endoscopica è dolorosa o pericolosa?

L’ecocardiografia transesofagea non è dolorosa né pericolosa, ma il passaggio della sonda attraverso la bocca potrebbe generare un certo fastidio. Per tale motivo, per migliorare la tolleranza alla manovra, il medico o il personale infermieristico effettuano una anestesia locale (spruzzando uno spray in gola), alla quale possono associare, nei pazienti più sensibili, un blanda sedazione per via endovenosa. In questo caso, potendo essere ridotto lo stato di vigilanza, dopo l’esame non sarà possibile guidare o svolgere attività che richiedano un’attenzione particolare per almeno 5-6 ore.

Ecocardiografia transtoracica

Ecocardiografia transtoracica

 

L’ecocardiografia (o ecocardiogramma) è una metodica che studia il cuore e il flusso del sangue attraverso le valvole per mezzo degli ultrasuoni. A differenza delle radiazioni utilizzate in radiologia,gli ultrasuoni sono innocui, per cui non è necessaria alcuna precauzione e l’esame può essere eseguito su qualunque paziente innumerevoli volte (anche nelle donne in gravidanza).

 

A cosa serve l’ecocardiografia transtoracica?

L’ecocardiografia transtoracica permette di fornire informazioni dettagliate sulle dimensioni e sulle funzione del cuore e degli apparati valvolari.

 

Come funziona l’ecocardiografia transtoracica?

Il paziente deve stendersi a petto nudo sul lettino dell’ecografista, che gli posizionerà degli elettrodi sul petto. In seguito l’ecografista spalmerà un apposito gel sul petto del paziente e sul trasduttore, una sonda che, appoggiata sul torace, emette gli ultrasuoni che, riflessi e rielaborati dall’apparecchiatura, permettono di visualizzare il cuore e le sue strutture. La sonda verrà spostata sul petto con una leggera pressione. Al paziente potrebbe essere chiesto di rimanere immobile o di respirare profondamente. Al termine dell’esame gli elettrodi saranno rimossi e non resterà che pulirsi dal gel rimasto sul petto. La durata complessiva dell’esame è di circa 10-15 minuti.

 

Chi può effettuare l’ecocardiografia transtoracica?

Non esistono particolari controindicazioni all’ecocardiografia: chiunque può sottoporsi all’esame.

 

Sono previste norme di preparazione?

L’ecocardiografia transtoracica non richiede nessuna preparazione.

 

L’ecocardiografia transtoracica è un esame doloroso o pericoloso?

L’ecocardiografia transtoracica non è né invasiva, né dolorosa e permette di riprendere la normale routine subito dopo l’esame. Anche quando previsto l’uso di agenti di contrasto, si tratta di sostanze non ionizzanti innocue per la salute.

Test cardiopolmonare

Test cardiopolmonare

 

Definizione

Il test cardiopolmonare è il completamento del normale test da sforzo, cioè il cosiddetto elettrocardiogramma da sforzo. Consente di ottenere un quadro complessivo della condizione fisiologica del paziente. Il test cardiopolmonare supera il tradizionale test da sforzo poiché, mentre per mezzo di quest’ultimo si può verificare il comportamento elettrocardiografico sotto sforzo del paziente, col test cardiopolmonare si può valutare anche l’aspetto metabolico. Il test cardiopolmonare si utilizza da alcuni anni, ma solo recentemente è diventato un esame di routine. Oggi un buon ospedale dotato di dipartimento cardiologico non può prescindere dall’averlo. Il tipo di apparecchiatura che viene utilizzato per eseguire il test da sforzo cardiopolmonare consente di misurare la ventilazione, il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica durante lo svolgimento dell’esercizio. In questo modo, con i parametri misurati si può avere un quadro complessivo dello stato fisiologico del paziente.

 

Come si esegue

L’attrezzatura consiste in un ergometro, un elettrocardiografo dotato delle 12 derivazioni standard, un pneumotacografo (che serve a misurare la ventilazione polmonare) abbinato ad un analizzatore di gas (ossigeno e anidride carbonica), il tutto gestito da un software. Il paziente viene collegato a questa apparecchiatura per mezzo di un boccaglio dotato di rilevatore del respiro. Questo strumento trasmette, analizzando respiro per respiro, l’andamento del consumo di ossigeno e la produzione dell’anidride carbonica. L’apparecchiatura consente di costruire un grafico formato da una serie di curve che illustrano il metabolismo della persona.

 

Per chi è indicato?

Questo test viene principalmente utilizzato nei casi di pazienti cardiopatici e/o broncopneumopatici. In particolare è indirizzato a tre tipologie di pazienti:

-cardiopatici ischemici per i quali è necessario verificare la riserva coronarica. Per esempio pazienti operati di by-pass coronarico, per i quali la valutazione del test serve a controllare l’eventuale presenza di ischemia da sforzo residua.

-cardiopatici e/o bronchitici cronici che stanno svolgendo un programma riabilitativo.

-pazienti con scompenso cronico cardiaco più o meno grave. Infatti, attualmente è considerato un test fondamentale nella valutazione del paziente cardiopatico da candidare al trapianto cardiaco.

Alle persone affette da patologie respiratorie, per esempio chi soffre di enfisema o di bronchite cronica, questo esame può fornire indicazioni importanti sulla gravità della malattia, sulla sua evoluzione e valutare l’eventuale approccio terapeutico-riabilitativo.

 

Duplice valutazione

Si può definire un test di valutazione funzionale completo proprio perché riesce a tracciare un profilo fisiologico completo di un soggetto sotto sforzo valutando sia l’aspetto cardiaco sia respiratorio che metabolico.

La verifica della soglia anaerobica è molto importante nell’ambito della valutazione cardiologica. Permette un adeguato controllo sull’attività fisica svolta dal cardiopatico in corso di un programma di riabilitazione. Questo grazie a parametri precisi utilizzati per impostare e monitorare il “training cardiovascolare” in sicurezza e con la certezza di ottenere un buon recupero. Infatti lavorando entro i limiti di questa soglia si ottengono effetti benefici, mentre oltre tale livello di guardia (ossia in condizioni di anaerobiosi) non si ha l’effetto allenante ricercato e si rischiano complicanze.

Soglia aerobica e anaerobica

Per mezzo di questo test si valuta la condizione di partenza e con i vari parametri ottenuti si pongono gli obiettivi che lo sportivo poi svilupperà con il suo allenatore. In particolare è importante per misurare la soglia anaerobica e programmare un allenamento in grado di elevarne il livello in modo da utilizzare il proprio “motore” a un regime di giri più alto senza andare incontro alla formazione di acido lattico in eccesso nei muscoli rispetto alla loro capacità di smaltimento, evitando in tal modo un repentino e indesiderato senso di fatica.

Per atleti e sportivi

Nell’ambito sportivo questo test serve per valutare prevalentemente persone sane, ma anche atleti o sportivi con precedenti di malattie cardiovascolari di entità molto lieve per le quali si può ipotizzare un ritorno all’attività sportiva, cercando di dare al soggetto la possibilità di recuperare le proprie capacità al 100%. Inoltre è particolarmente consigliato alle persone di mezza età che vogliono capire qual è il loro limite e quali sono i margini di miglioramento dal punto di vista cardio-respiratorio; in particolare per chi pratica sport aerobici, cioè ciclismo, mezzo fondo, maratona, sci di fondo ecc…

Per migliorare il proprio allenamento

Anche per le persone che da anni si allenano 2/3 volte a settimana può essere utile eseguire il test cardiopolmonare. Infatti, se non si hanno a disposizione certi parametri (come quelli determinati da un test cardiopolmonare) non si può sapere se correndo a una determinata frequenza cardiaca quel tipo di allenamento è utile, oppure se è troppo vicino alla soglia anaerobica o se addirittura l’ha già superata. Così si rischia di sottoporsi ad un tipo di esercizio che invece di essere produttivo è controproducente. Con la valutazione cardiopolmonare si può indicare qual è lo stato attuale della condizione fisica della persona in modo da garantirle la possibilità di un allenamento ottimale e produttivo. Per è consigliato a persone dai 35/40 anni in su che eseguono sport con un certo impegno.

In caso di iscrizione in palestra è in genere richiesto un normale certificato medico oppure una certificazione specialistica medico-sportiva fondata su una valutazione con elettrocardiogramma registrato dopo uno sforzo, perciò non paragonabile ad un test da sforzo massimale.

Nello sport professionistico le società sportive sottopongono i loro atleti (ad esempio ciclisti, podisti, calciatori…) a valutazioni periodiche obbligatorie tra cui è previsto anche il test da sforzo cardiopolmonare. Si ritiene che ciò sia auspicabile ed utile anche ai dilettanti ed ai cosiddetti amatori che si sottopongono a carichi di allenamento talvolta molto impegnativi.

 

 

Visita cardiochirurgica

Visita cardiochirurgica

 

La visita cardiochirurgica è un passaggio fondamentale per la preparazione del paziente cui è stato già diagnosticato un problema cardiaco e circolatorio per la cui soluzione è necessario un intervento chirurgico, per la pianificazione dei tempi e delle modalità dell’intervento. La consulenza cardiochirurgica (di controllo) è utile al monitoraggio delle fasi successive all’intervento.

 

A cosa serve la visita cardiochirurgica?

La visita Cardiochirurgica consente di acquisire informazioni e predisporre trattamenti specifici per il paziente candidato a interventi chirurgici al cuore per malattie coronariche:

-esecuzione di by-pass coronarici per la cura della cardiopatia ischemia

-terapia delle cardiopatie congenite a livello atriale e dei tumori che interessano il cuore

-riparazione o sostituzione delle valvole cardiache (chirurgia valvolare o chirurgia della valvulopatie)

-terapia degli aneurismi dell’aorta toracica

-trattamento su ventricoli per la risoluzione di difetti cardiaci congeniti o acquisiti

-trattamento chirurgico della fibrillazione atriale e dello scompenso cardiaco

-impianto di pacemaker e altri strumenti impiantabili per il controllo delle disfunzioni cardiache

-monitorare i pazienti portatori di device o di protesi.

 

Come si svolge la visita cardiochirurgica?

Il paziente viene accolto da un team specializzato che raccoglie il maggior numero di informazioni possibili sulla storia e sullo stile di vita dell’assistito: alimentazione, vizio del fumo, livello di attività fisica e di sedentarietà, eventuali patologie in corso, interventi precedenti, casi in famiglia di patologie cardiache, assunzione di farmaci.

Successivamente vengono prescritti tutti i test di laboratorio necessari per i pazienti che necessitano di approfondimenti diagnostici prima dell’intervento: esami del sangue, esami radiologici, esami cardiologici.

Lo staff sanitario provvede poi ad acquisire tutti i dati e parametri clinici per stabilire il profilo del paziente candidato all’intervento chirurgico, per pianificare e definire la tipologia di intervento più adatto alla patologia, alla disfunzione cardiaca diagnosticata, alle condizioni e all’età del paziente, per procedere ad una valutazione del rischio tromboembolico ed emorragico del paziente in modo da eseguire l’intervento in sicurezza.

 

Sono previste norme di preparazione?

Non sono previste norme di preparazione, il paziente è invitato a portare con sé eventuali esami effettuati su richiesta del proprio medico curante e un promemoria in cui sono indicati tutti i farmaci che sta assumendo.

Visita ortopedica a mano o polso

Visita ortopedica a mano o polso

 

La visita ortopedica della mano o del polso è una visita specialistica condotta da un medico ortopedico che permette di identificare problemi a carico delle ossa, dei muscoli, dei nervi o dei tendini presenti nella mano e nel polso.

 

 

A cosa serve la visita ortopedica della mano o del polso?

 

La visita ortopedica della mano o del polso serve a diagnosticare i problemi alla base di disturbi come dolori, irrigidimenti e intorpidimenti.

Fra le problematiche che possono essere identificate sono incluse la degenerazione di ossa, articolazioni, muscoli o tendini, deformità di origine reumatica o artrosica, compressione di nervi (ad esempio la sindrome del tunnel carpale), infiammazioni, tumori e conseguenze di traumi (anche di origine sportiva).

 

 

Come si svolge la visita ortopedica della mano o del polso?

 

Durante la visita ortopedica della mano o del polso il medico si informa sulla storia personale e clinica del paziente (età, lavoro, attività fisica, traumi e patologie pregresse) e sui sintomi con cui ha a che fare.

All’anamnesi segue l’esame obiettivo, che può prevedere la palpazione manuale e l’esecuzione di test per verificare le capacità di movimento. Se disponibili, saranno esaminate anche radiografie o i referti di altri esami diagnostici condotti in precedenza.

Al termine della visita, che ha una durata tipica di 15-30 minuti, il medico può prescrivere ulteriori accertamenti (ad esempio ecografie, elettromiografie, Tac, risonanze magnetiche) o trattamenti specifici, a volte chirurgici.

 

Sono previste norme di preparazione?

 

La visita ortopedica della mano o del polso non richiede alcuna preparazione. Il paziente è però invitato a portare con sé i referti di eventuali indagini strumentali condotte in precedenza (ad esempio recenti radiografie del polso).

Visita ortopedica al ginocchio

La visita ortopedica del ginocchio è una visita specialistica condotta da un medico ortopedico sull’articolazione del ginocchio.

A cosa serve la visita ortopedica del ginocchio?

 Questa visita specialistica permette di identificare o quantomeno ipotizzare le cause di dolori, rigidità, blocchi, instabilità e difficoltà a camminare associate al ginocchio.

Fra le patologie che possono portare nell’ambulatorio di un ortopedico per una visita del ginocchio sono incluse l’artrosi, il ginocchio varo o il ginocchio valgo, disturbi alla rotula, lesioni del menisco o dei legamenti crociati, la borsite della zampa d’oca e la sindrome della Benderella ileotibiale.

Al termine della visita il medico potrebbe prescrivere indagini diagnostiche di approfondimento, come tac, ecografie o risonanze magnetiche.

Come si svolge la visita ortopedica del ginocchio?

 Durante la visita al ginocchio il medico si informerà sullo stile di vita del paziente (ad esempio sul tipo di lavoro e di sport svolti), sulla sua storia clinica e sui sintomi di cui soffre. In seguito valuterà l’aspetto generale del ginocchio in posizione eretta e la sua morfologia, per poi proseguire con una palpazione. Infine verrà valutata la mobilità dell’articolazione. La visita è in genere estesa anche ai muscoli vicini al ginocchio.

Sono previste norme di preparazione?

 La visita ortopedica del ginocchio non prevede una preparazione specifica. Il paziente deve però portare con sé eventuali referti di analisi, ad esempio radiografie, condotte nel passato recente.

 

Visita ortopedica al gomito

Si tratta di una visita medica condotta da uno specialista in ortopedia in cui l’attenzione viene concentrata sul gomito. I motivi più frequenti che rendono necessaria questa visita sono dolori o irrigidimenti causati da sollecitazioni eccessive dell’articolazione del gomito durante il lavoro o lo sport o da patologie come l’artrosi.

A cosa serve la visita ortopedica al gomito?

 Una visita ortopedica al gomito permette di identificare le cause dei problemi del paziente a livello di questa articolazione o quantomeno di elaborare un’ipotesi diagnostica da approfondire con accertamenti successivi eventualmente prescritti dallo stesso medico ortopedico al termine della visita.

Le problematiche che possono essere individuate nel corso della visita includono fratture, lussazioni, artropatie, borsiti, compressioni dei nervi, rotture dei tendini, anchilosi, epicondilite ed epitrocleite.

Come si svolge la visita ortopedica al gomito?

 Per prima cosa il medico procederà alla raccolta dei dati del paziente (età, lavoro, attività fisica, storia clinica e sintomi passati). In questo modo sarà più facile elaborare una diagnosi completa.

Seguirà un esame obiettivo che può includere la valutazione manuale dell’articolazione, test come la flessione passiva del polso (test di Mills), l’estensione attiva contrastata del polso (test di Cotzen) e la valutazione della sensibilità del gomito alla palpazione.

Al termine della visita potrebbero essere prescritte indagini strumentali come radiografia, Tac o risonanza magnetica.

Sono previste norme di preparazione?

 La visita ortopedica al gomito non richiede alcuna preparazione. Il paziente è semplicemente invitato a portare con sé eventuali referti di analisi condotte in precedenza (ad esempio radiografie recenti).

Visita ortopedica alla spalla

La visita ortopedica alla spalla è un elemento fondamentale nel percorso verso l’identificazione delle cause dei problemi a carico di questa struttura. Nella maggior parte dei casi chi si rivolge a un ortopedico per una visita alla spalla lo fa a causa di un dolore che localizza in questa parte dello scheletro.

A cosa serve la visita ortopedica alla spalla?

La visita ortopedica alla spalla serve per confermare che il dolore percepito dal paziente è realmente legato a questa specifica articolazione. Attraverso la visita specialistica è inoltre possibile ipotizzare le cause alla base di questi sintomi (ad esempio un trauma o una malattia).

Come si svolge la visita ortopedica alla spalla?

Durante una visita alla spalla l’ortopedico raccoglie i dati  sulla storia personale e clinica del paziente, in modo da poter formulare una diagnosi sulla base della sua età, del suo lavoro, delle attività sportive praticate, di eventuali traumi di cui è stato vittima e del tipo di disturbo con cui ha a che fare.

L’anamnesi è completata da un esame obiettivo basato su test funzionali. Quelli tradizionalmente impiegati sono il test per il conflitto, il test per la cuffia dei rotatori, il test per il capo lungo del bicipite, il test per il labbro glenoideo e il test per l’instabilità.

La visita potrebbe concludersi con la prescrizione di esami strumentali che permettono di confermare, completare o approfondire la diagnosi.

 Sono previste norme di preparazione?

Al paziente non è richiesta alla preparazione per questa tipologia di visita se non quella di portare con sé esami ed analisi effettuati in passato soprattutto se radiologici.

Visita ortopedica all’anca

Visita ortopedica all’anca

 

Ai pazienti che presentano dolori all’anca, rigidità o zoppia è generalmente suggerita una visita specialistica con un ortopedico.

La visita specialistica è una tappa fondamentale per la diagnosi di patologie congenite (cioè presenti sin dalla nascita) o acquisite (ossia conseguenti a traumi, a malattie o al naturale processo di invecchiamento) che colpiscono l’articolazione dell’anca.

 

A cosa serve la visita ortopedica dell’anca?

 

La visita ortopedica dell’anca serve a identificare la causa alla base del dolore, della rigidità o delle difficoltà a deambulare lamentati dal paziente. Attraverso un’accurata visita specialistica ed, eventualmente, la prescrizione di indagini diagnostiche più approfondite l’ortopedico potrà elaborare un’ipotesi sull’origine del disturbo. Alcune tra le patologie a carico dell’anca diagnosticabili sono: la displasia dell’anca, l’anca a scatto, l’artrosi, l’impingement femoro-acetabolare, la lesione del labbro acetabolare, la necrosi avascolare cefalica e la trocanterite.

Altre volte la visita ortopedica è necessaria per un controllo periodico in caso di artrosi o di un’altra patologia. In questo caso ovviamente lo scopo è adattare la terapia alle nuove condizioni dell’articolazione o verificare la possibilità di  procedere con un intervento chirurgico.

 

Come si svolge la visita ortopedica dell’anca?

 

L’ortopedico procederà all’anamnesi raccogliendo informazioni sullo stato di salute del paziente (incluse le caratteristiche dei sintomi per cui gli è stata prescritta la visita), sulla sua storia clinica (ad esempio su traumi precedenti all’anca) e sulla sua storia personale (età, lavoro e attività sportive praticate). Segue un esame obiettivo durante il quale il medico visita l’anca, valutando il dolore, le possibilità di movimento e la forza muscolare. Se disponibili, l’ortopedico analizzerà anche i referti di radiografie o di altre analisi condotte sull’articolazione.

Al termine della visita possono essere prescritte indagini diagnostiche come radiografie, Tac o risonanza magnetica per approfondire l’analisi della problematica alla base dei sintomi rilevati.

 

Sono previste norme di preparazione?

 

La visita ortopedica dell’anca non prevede alcuna preparazione specifica, ma il paziente deve portare con sé i referti di eventuali indagini strumentali prescritte dall’ortopedico al termine della visita precedente o condotte in passato (ad esempio recenti radiografie).

Ginnastica propriocettiva

Ginnastica propriocettiva

Nei casi più gravi di distorsione alla caviglia, il recupero progressivo della flessione e dell’estensione iniziano prima di appoggiare il piede a terra, per evitare rigidità e per riguadagnare elasticità a livello di muscoli e tendini. L’appoggio con peso progressivo del piede a terra è la seconda tappa riabilitativa. Di solito è attuata dal paziente autonomamente e nella fase finale prevede l’uso delle stampelle solo per salire e scendere le scale, in quanto questa attività è ancora difficile da eseguire con scioltezza.

Un ruolo che potremmo definire di rifinitura a tutto il processo riabilitativo è affidato alla cosiddetta ginnastica propriocettiva. Poco conosciuta e considerata, questa tipologia di ginnastica può essere l’elemento di distinzione tra una caviglia che funziona discretamente o bene per attività di vita quotidiana e una caviglia che torna a sopportare le sollecitazioni sportive senza dolore. La ginnastica propriocettiva è utilizzata recuperare quella che potremmo chiamare sensibilità articolare, cioè quella capacità di rispondere adeguatamente agli stimoli variabili che provengono sia dal terreno sia dall’attività sportiva in carico (cambi di direzione, arresti improvvisi, salti, contrasti con gli avversari). Viene eseguita con tavolette dette “tipo surf”, costruite sia per essere utilizzate con entrambi i piedi (bipodaliche), sia con un piede solo (monopodaliche). Su queste tavolette, che sono instabili o basculanti, va ricercato ed allenato l’equilibrio della caviglia; si deve iniziare da seduti prima di lasciare le stampelle e quindi proseguire in piedi quando viene concesso il carico. Le prime volte è consigliabile avere l’assistenza di un fisioterapista.

Mappatura dei nei

Mappatura dei nei

 

Definizione

La mappatura dei nei consiste nell’acquisire in computer sia le immagini macroscopiche dei nei sia quelle demoscopiche di essi. Le immagini demoscopiche si acquisiscono con una apposita telecamera dotata di lente che si appoggia su ogni neo per cogliere immagini non visibili a occhio nudo.

 

A cosa serve la mappatura dei nei?

La mappatura dei nei serve per poter capire se uno o più nei nel tempo cambiano aspetto e diventano pericolosi, in modo da asportarli e prevenire quindi la loro degenerazione in melanoma.

 

Come funziona la mappatura dei nei?

Il paziente viene fatto spogliare e sdraiare sul lettino. Il dermatologo provvederà a effettuare tramite l’utilizzo del dermatoscopio un esame dei nei presenti sulla pelle, provvedendo alla loro mappatura. L’esame verrà poi ripetuto sull’altro lato del corpo. Le foto cliniche e demoscopiche dei nevi vengono numerate e quindi archiviate per poterle confrontare con le immagini nei mesi o anni successivi in modo da poter notare segni di modificazioni non riconoscibili a occhio nudo.

 

Chi può effettuare l’esame?

Chiunque può sottoporsi a questo esame.

 

Sono necessarie norme di preparazione?

Per sottoporsi alla mappa dei nei occorre non essere abbronzati.

 

La mappatura dei nei è dolorosa o pericolosa?

Questo esame diagnostico risulta del tutto indolore e non invasivo, non è minimamente pericoloso e non presenta alcuna controindicazione.

Acne cistica

Acne cistica

 

L’acne cistica è un particolare disturbo dalle caratteristiche cronico-infiammatorie localizzabili nel follicolo pilifero e delle ghiandole sebacee e si presenta con comedoni (punti neri chiusi e aperti), papule (elementi infiammati) e pustole (brufoli col puntino bianco o giallo).

Il comedone è un accumulo squamoso che si presenta come tappo allo sbocco dei follicoli, le papule e le pustole si formano invece a causa della crescita affrettata dei batteri della pelle all’interno dei follicoli.

 

Che cos’è l’acne cistica?

L’acne cistica è la forma più grave di acne e compare nel periodo della pubertà o tra i 20 e i 30 anni e si caratterizza per i noduli e le cisti di diversa grandezza sulle zone di viso e tronco. A soffrirne possono essere sia donne che uomini.

 

Da cosa è originata l’acne cistica?

Attualmente non sono ancora note le cause scatenanti dell’acne cistica, la comunità medica ritiene comunque che questa forma acuta possa essere connessa all’eccessiva attivazione delle ghiandole sebacee per stimolo neuroendocrino. I noduli si formano a partire dall’accumulo di secrezioni in profondità. Le cisti sono grumi pieni di pus sotto la superficie della pelle, sono dolorose e possono causare cicatrici, soprattutto se viene trattata in modo opportuno.

 

Quali sono i sintomi dell’acne cistica?

I sintomi dell’acne cistica sono la presenza dei noduli e cisti, infiammazione e dolore.

 

Come prevenire l’acne cistica?

I soggetti affetti da questo tipo di acne dovrebbero seguire i consigli di seguito per trattare il disturbo:

  • Detergere con regolarità, ma non troppo frequentemente, la pelle con prodotti delicati e non schiumogeni. Per detergere la pelle da cellule morte e dal sebo in eccesso senza irritarla sono sufficienti due pulizie al giorno.
  • Non utilizzare cosmetici in crema perché favoriscono l’acne e utilizzare i trucchi minerali.
  • Struccarsi con detergente non schiumogeno prima di andare a dormire ogni sera per far respirare la pelle.
  • Non sfregare la pelle con tessuti che possano peggiorano l’acne quali tessuti di cotone, colli aperti, niente sciarpe.

 

Durante il periodo estivo la pelle va protetta dall’esposizione solare con foto riflettenti minerali e non con creme solari.

 

Diagnosi

La diagnosi è fatta attraverso esame obiettivo che evidenzia la presenza di noduli e cisti.

 

Trattamenti

Il farmaco più efficace è l’Isotretinoina, un derivato della vitamina A, in grado di far regredire l’acne cistica in quattro/sei mesi di trattamento nella quasi totalità dei casi. Purtroppo questo farmaco, assunto a lungo termine, produce differenti tipi di tossicità e pertanto va usato, sotto controllo dermatologico, solo in casi selezionati.

Nel caso in cui non si possa o voglia prendere l’Isotretinoina si impiega il Micropeeling e la Terapia Fotodinamica: questa metodica produce la guarigione dell’acne cistica in tempi più lunghi ma ha il vantaggio di non assumere farmaci e non avere tossicità.

Dermatite allergica da contatto

Dermatite allergica da contatto

 

La dermatite allergica da contatto è una reazione allergica della pelle causata dal contatto con sostanze allergeni, ossia sostanze che possono stimolare la risposta immunologica del corpo umano. Il contatto della cute con gli allergeni dà vita ad una reazione infiammatoria, pruriginosa a cui possono associarsi fenomeni di vescicole, si tratta di una reazione nota anche come Eczema.

 

Che cos’è la dermatite allergica da contatto?

La dermatite da contatto allergica è una reazione della pelle ad allergeni chimici o naturali. Consiste in un’infiammazione improvvisa della cute che diventa rossa e pruriginosa.

 

Dopo la prima fase possono presentarsi vescicole piene di siero, se le vescicole con il grattamento vengono rotte il siero si rapprende sulla pelle in forma di crostosità appiccicosa. Il grattamento dovuto al prurito intenso può provocare l’infezione della pelle.

 

Quali sono le cause della dermatite allergica da contatto?

La dermatite da contatto allergica può trovare origine nel contatto con allergeni chimici o ambientali.

Tra i primi si annoverano alcuni metalli, i coloranti, le resine i preservanti e tra i secondi gli olii e le essenze delle piante e fiori.

 

Quali sono i sintomi della dermatite allergica da contatto?

In linea di massima la dermatite da contatto allergica è una manifestazione cutanea improvvisa caratterizzata da chiazze rosse, vescicole, desquamazione, abrasioni e croste. L’eruzione cutanea provoca quindi prurito o sensazione di calore localizzato e più o meno intenso, spingendo così il soggetto che ne è affetto a grattarsi con insistenza.

 

Esistono trattamenti per la dermatite allergica da contatto?

L’unica prevenzione contro la dermatite allergica consiste nell’evitare il contatto con gli allergeni, quando individuati.

I trattamenti generici per contrastare la dermatite da contatto sono identificabili nei consigli di evitare bagni e lavaggi troppo frequenti, perché la pulizia eccessiva e l’uso di saponi più o meno aggressivi finisce per impoverire la pelle degli strati esterni che la proteggono.

È bene anche evitare che la pelle sia secca, cercando di idratarla con creme delicate e non profumate.

Non fare uso di deodoranti spray e profumi. È bene asciugare la pelle delicatamente, tamponando l’umidità in eccesso, piuttosto che sfregandola.

 

Diagnosi

Il dermatologo effettua la diagnosi grazie al test allergologico, detto test del cerotto o patch test, attraverso il quale si possono identificare le sostanze che l’hanno provocata applicando sulla cute tracce di allergeni purificati per identificare l’origine della reazione.

 

Trattamenti

Il trattamento della dermatite da contatto allergica dipende dall’identificazione dell’agente che l’ha provocata e dalla possibilità di allontanarla della pelle.

L’eczema può essere mitigato applicando crema a base di cortisone.

Dermatite atopica

Dermatite atopica

 

La Dermatite Atopica (DA è più comunemente nota come eczema costituzionale, e consiste in una vera e propria infiammazione della pelle specificatamente originata da formazioni improvvise di cute secca e pruriginosa e di chiazze rosse con vescicole. In alcuni soggetti si associa ad asma o a rinite allergica. Può interessare la fascia infantile o quella dell’adulto. La DA può presentarsi in vari punti del corpo umano e colpisce soggetti che presentano già pelle secca e iperattiva.

 

Che cos’è la dermatite atopica?

La DA consiste in un’infiammazione senza preavviso della pelle e dà origine ad un prurito anche molto fastidioso e ad arrossamenti localizzati decisamente visibili. In linea generale è un disturbo che colpisce mani, piedi, piega interna del gomito e quella posteriore delle ginocchia, polsi, caviglie, viso, collo, torace. È frequente anche la manifestazione intorno agli occhi.

 

Nella sua forma infantile si manifesta nei primi mesi o anni di vita del bambino, generalmente in maniera improvvisa. La comparsa improvvisa della DA è un tratto comune anche nella popolazione adulta. In alcuni casi, quando la dermatite atopica si cronicizza o si è costretti a grattarsi spesso, la pelle può ispessirsi, dando vita a una formazione di pelle dura ispessita e molto pruriginosa.

 

Da cosa è causata la dermatite atopica?

Le cause della DA non sono note. Si ritiene che ci sia una componente ereditaria che induce a una reattività infiammatoria spiccata verso agenti comuni.

I soggetti affetti da DA hanno una funzione barriera della pelle difettosa per cui entrano in contatto con sostanze normalmente tenute all’esterno.

Il cambiamento di stagione e lo stress psicofisico sono tra le maggiori cause di scatenamento della DA.

 

Quali sono i sintomi della dermatite atopica?

La DA si manifesta con chiazze rosse su cute secca e pruriginosa. Le chiazze possono essere ricoprire di vescicole, abrasioni, crosticine con aspetto simile all’eczema.

Il prurito può essere più o meno intenso e tende a peggiorare durante la notte. La pelle è maggiormente sensibile e incapace di tollerare i prodotti più comuni.

 

Come prevenire la dermatite atopica?

Il consiglio è quello di non fare bagni e lavaggi in modo troppo frequente, la pulizia eccessiva e l’uso di saponi più o meno aggressivi tende infatti ad impoverire la pelle degli strati esterni che la proteggono. È bene asciugare la pelle delicatamente, tamponando l’umidità in eccesso, piuttosto che sfregandola.

Occorre evitare di applicare creme idratanti, emollienti e profumi perché non tollerate dai soggetti atopici.

Non indossare indumenti in fibra sintetica che tengono umida la pelle.

Appena possibile esporsi al sole con criterio e senza utilizzare creme solari.

Utilizzare la Crema Lenitiva al primo accenno di prurito della pelle.

 

Diagnosi

Per la diagnosi della dermatite generalmente è necessaria l’osservazione dei sintomi durante una visita dermatologica.

 

Trattamenti

La cura della dermatite varia in base al livello di gravità. Sono disponibili in commercio prodotti lenitivi di automedicazione, in grado di alleviare momentaneamente l’infiammazione e il prurito.

Nei casi più severi occorre sospendere il lavaggio per non accentuare la dermatite. In questo caso i lavaggi si effettuano a “secco” con un telo inumidito di soluzione astringente e antisettica. Di solito si usa la soluzione di Permanganato di Potassio.

Come medicazione si usano creme ad azione riducente contenenti l’Ittiolo Solfonato o il Coal Tar (catrame minerale). L’esposizione al sole estivo può essere un elemento che contribuisce, se fatta con la dovuta precauzione, alla regressione della DA.

Dermatite da contatto irritativa

Dermatite da contatto irritativa

 

La dermatite da contatto irritativa è una reazione infiammatoria della pelle dovuta al contatto con sostanze in grado di stimolare una risposta infiammatoria. In seguito al contatto della cute con determinate sostanze si sviluppa una reazione infiammatoria, pruriginosa della pelle caratterizzata dalla comparsa di vescicole.

 

In cosa consiste la dermatite da contatto irritativa?

La dermatite da contatto irritativa si presenta con una reazione della pelle a determinati stimoli chimici o naturali. Ad una prima infiammazione senza preavviso, durante cui la cute subisce arrossamenti e provoca pruriti anche forti, avviene la formazione di particolari vescicole piene di siero: se queste vengono rotte per il grattarsi del soggetto affetto dal disturbo, il siero si rapprende sulla pelle in forma di crostosità appiccicosa. Il grattamento dovuto al prurito intenso può provocare l’infezione della pelle.

 

Quali sono le cause della dermatite da contatto irritativa?

La dermatite da contatto irritativa trova origine nel contatto con sostanze chimiche o ambientali. Tra i primi si annoverano le sostanze acide, alcaline, caustiche, anche di uso comune come quelle utilizzate nelle pulizie domestiche. Anche molti vegetali rilasciano al contatto sostanze che causano improvvisa infiammazione alla pelle.

 

Quali sono i sintomi della dermatite da contatto irritativa?

Generalmente la dermatite da contatto irritativa si presenta con una manifestazione cutanea improvvisa caratterizzata da chiazze rosse, vescicole, desquamazione, erosioni e croste. L’eruzione cutanea causa una sensazione di prurito o calore/bruciore più o meno intensa, spingendo la persona a grattarsi con insistenza.

 

Esistono trattamenti preventivi della dermatite da contatto irritativa ?

L’unica prevenzione contro la dermatite allergica consiste nell’evitare il contatto con le sostante potenzialmente infiammatorie. È consigliabile indossare guanti e indumenti protettivi quando si usano prodotti chimici potenzialmente irritanti o quando si pratica giardinaggio o quando ci si addentra in radure, boschi ecc.

 

Diagnosi

In linea di massima una visita dermatologica può identificare la presenza della dermatite in corrispondenza delle aree in contatto con l’esterno; di solito si tratta di mani, collo, volto. In caso di dubbio con la dermatite da contatto allergica si eseguono i test allergologici epicutanei o patch test.

 

Trattamento

In caso di dermatite da contatto irritativa il dermatologo di solito prescrive

  • gel astringenti a base di cloruro d’alluminio
  • crema Lenitiva a base di ossido di zinco
  • creme cortisoniche per breve tempo (in casi più infiammatori)

Dermatite da Stress

Dermatite da Stress

 

La dermatite è un’infiammazione della pelle e consiste nella formazione improvvisa di chiazze rosse, di pelle secca, di prurito.

La dermatite da stress si presenta con i sintomi caratteristici della dermatite generica e in assenza di altre cause evidenti (sensibilità accertata ad allergeni, contatto con sostanze urticanti, uso di farmaci o cosmetici), avviene senza preavviso e durante un periodo di sovraffaticamento psicofisico ed emotivo.

 

Che cos’è la dermatite da stress?

La dermatite si manifesta con un’infiammazione improvvisa della cute, che può arrecare fastidi di varia entità, prurito o sensazione di bruciore. La reazione è caratterizzata da secchezza cutanea, arrossamento e desquamazione eccessiva,

Per l’azione di grattamento compaiono abrasioni o crostificazione.

Solitamente colpisce il volto, il collo, le mani, i piedi. È frequente anche nella zona delle palpebre.

L’eruzione cutanea può essere più o meno fastidiosa e causare una sensazione di prurito o calore più o meno intensa, spingendo la persona a grattarsi con insistenza. Questa situazione può comportare ferite abrasioni ed escoriazioni e un rischio indiretto di infezione.

 

Quali sono le cause della dermatite da stress?

I meccanismi che innescano la dermatite da stress non sono del tutto noti. È probabile che lo stato di sovraffaticamento psicofisico ed emotivo possa giocare un ruolo di concausa accanto ad altri fattori di base come eccesso di lavaggio, uso di cosmetici, esposizione al freddo e all’umidità.

La pelle rappresenta è infatti una vera e propria valvola di sfogo di complessi meccanismi che alla fine sono in grado di attivare gli ormoni o i mediatori dell’infiammazione.

 

Quali sono i sintomi della dermatite da stress?

I sintomi della dermatite da stress non differiscono da quelli di una dermatite da contatto. La durata del disturbo non è considerabile quale causa primaria della cosiddetta origine psicofisica della patologia. In linea di massima, hanno in comune una manifestazione cutanea improvvisa caratterizzata da rossore, desquamazione, vescicole, abrasioni e crosticine. L’eruzione cutanea pul causa re più o meno problematiche fastidiose che si accompagnano ad una sensazione di prurito o calore o bruciore più o meno intensa, spingendo la persona a grattarsi con insistenza. La dermatite è una delle cause di disfunzione del sonno e può interrompere infatti il riposo notturno.

 

Come prevenire la dermatite da stress?

La prevenzione della dermatite da stress non è possibile perché lo stress può colpirci in qualsiasi momento della vita.

 

Diagnosi

La diagnosi di dermatite da stress viene eseguita escludendo altre cause quali l’esposizione ad agenti esterni, cause endogene e alterazioni immunologiche. Spesso è sufficiente la visita del dermatologo per identificare una reazione transitoria imputabile al sovraffaticamento psicofisico, ma in alcuni casi è necessario condurre esami specifici (per escludere l’interferenza di altri fattori).

 

Trattamenti

Generalmente, la dermatite da stress scompare spontaneamente dopo un breve periodo, senza necessità di terapie specifiche. Tuttavia, in determinate circostanze, per la natura o per la durata della manifestazione, che può provocare disagio fisico o estetico alla persone, si possono utilizzare rimedi utili ad attenuare i sintomi.

Sono disponibili in commercio Creme Lenitive di automedicazione, in grado di alleviare momentaneamente l’infiammazione e il prurito.

L’esposizione al sole è in grado di ridurre il prurito.

Diminuire i lavaggi e lavarsi con detergenti non schiumogeni aiuta a diminuire i fastidi.

Eliminare, quando possibile, le fonti di stress è il trattamento più utile.

Dermatite Seborroica

Dermatite Seborroica

 

La dermatite seborroica è una patologia che si presenta come infiammazione cronica della cute ed interessa principalmente il cuoio capelluto e il volto. A volte si manifesta in modo irregolare e alternato, da qui l’accezione propria di patologia cronico-recidivante e frequentemente si manifesta in quel periodi di transito tra le varie stagioni. Esattamente come le altre forme di dermatite, anche questa consiste in un’infiammazione intensa della pelle ma, al contrario di quanto accade nei casi relativi alle altre dermatiti, quella seborroica comporta una forte desquamazione: la forfora è uno dei segni tipici della dermatite seborroica. Le casistiche più gravi, l’esfoliazione intensa può dar vita a crosticine, in altre a eritema o follicolite.

 

Che cos’è la dermatite seborroica?

La dermatite seborroica è una dermatite che presenta l’infiammazione della cute, con focus particolare nel cuoio capelluto e del volto e dalla formazione di squame degli strati superficiali dell’epidermide che si staccano e cadono (forfora), sostituiti da crosticine. Oltre che cuoio capelluto e volto, può interessare tutte le zone ricche di ghiandole sebacee tra cui la zona sternale, interscapolare, l’area genitale.

 

Quali sono le cause della dermatite seborroica?

Non esiste una causa nota della dermatite seborroica. Si considerano come cause: squilibri ormonali, che si verificano in particolare durante il passaggio da una stagione all’altra, l’uso di farmaci (ad esempio corticosteroidi), lo stress psicofisico, la predisposizione genetica.

 

Quali sono i sintomi della dermatite seborroica?

I sintomi tipici della dermatite seborroica sono la formazione e il distacco dalla cute di squame untuose, sotto forma di forfora. Questa manifestazione è accompagnata in linea di massima da fenomeni di irritazione della cute, fastidi dovuti a sensazioni prurito a volte anche acuto e secchezza della pelle.

 

Come prevenire la dermatite seborroica?

Non esistono misure specifiche per evitare la comparsa della dermatite nelle sue diverse sedi. Si raccomanda di evitare bagni e lavaggi troppo frequenti, perché la pulizia eccessiva e l’uso di saponi o shampoo aggressivi finisce per impoverire la pelle degli strati esterni che la proteggono.

Occorre anche evitare il grattamento o il distacco manuale delle squame dal momento che tutte queste specifiche abitufini o attività tendono a far nascere ulteriori forme di infiammazione da dermatite.

 

Diagnosi

Per la diagnosi della dermatite generalmente è necessaria l’osservazione dei sintomi durante una visita dermatologica.

 

Trattamenti

Il trattamento della dermatite seborroica si realizza con prodotti che riducono l’infiammazione e la desquamazione detti appunto riducenti. I riducenti più usati sono lo Zolfo nella sua forma colloidale e l’Acido Salicilico. I riducenti per la dermatite seborroica sono formulati in crema priva di idrocarburi o in lozione idroalcolica.