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Depressione: ecco come cambia la terapia con psicofarmaci

Non solo psicofarmaci. Per la depressione, malattia cronica che nel 2030 sarà la più diffusa al mondo secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oggi si studiano nuove molecole, terapie personalizzate sulla base di biomarcatori individuati nel sangue del paziente, vecchi farmaci da usare in modo nuovo. «La vera novità in psichiatria – spiega il professor Giampaolo Perna, responsabile del Centro di medicina personalizzata sui disturbi d’ansia e di panico di Humanitas San Pio X di Milano – è la medicina personalizzata, ovvero dare a ogni paziente la sua terapia basata su specifiche caratteristiche individuali quali la ricerca di biomarcatori nel sangue, varianti genetiche ed epigenetiche, profili clinici e comportamentali, oltre a studi di psicofisiologia e neuroimaging cerebrale. Oggi, questo tipo di approccio è già una realtà in caso di depressione e attacchi di panico».

Psicofarmaci: tipo e dose li definisce il profilo del paziente

E’ questo, in sintesi, l’assioma della medicina personalizzata nella depressione e nei disturbi di ansia e panico. «In caso di depressione – continua il professor Perna – gli antidepressivi più efficaci per ogni paziente si scelgono grazie alla rilevazione dei livelli nel sangue del paziente di specifici marcatori quali l’enzima che metabolizza gli psicofarmaci (citocromo P450), oppure i marcatori dell’infiammazione, come la proteina C reattiva e alcune citochine, la carenza di neurotrasmettitori quali serotonina (l’ormone del buonumore) o noradrenalina (l’ormone dell’energia e del piacere), oppure l’oscillazione di altre sostanze prodotte dall’organismo che influenzano l’umore, come gli endocannabinoidi. In caso di disturbi di ansia associata al panico, invece, tipo e dose dello psicofarmaco ideale vengono definiti dalla valutazione di più fattori, inclusi esami di laboratorio, test psicofisiologici della funzionalità respiratoria (respirazione accelerata), cardiaca (tachicardia) e vestibolare (alterazione del senso dell’equilibrio), ovvero i sistemi più coinvolti nel disturbo da panico, che aiutano a individuare il profilo del paziente».

Psicofarmaci: molecole nuove e nuovi utilizzi di quelle vecchie

In molti pazienti – spiega il neuropsichiatra Giampaolo Perna -, elevati livelli di alcune citochine determinano uno stato di infiammazione cronica che può influenzare umore ed emotività. Alcuni studi stanno cercando di capire se l’uso degli antinfiammatori potrebbe svolgere un ruolo importante dal punto di vista terapeutico. Al di la dell’infiammazione, recenti studi hanno evidenziato che alcuni neurormoni quali allopregnenolone e brexanolone, già utilizzati e approvati per il trattamento della depressione post partum, e l’ossitocina, ormone usato nell’induzione del parto, è in grado di influenzare anche la comunicazione interpersonale, il riconoscimento delle emozioni e l’empatia. Nel trattamento della depressione, la nuova frontiera sembra essere l’azione su più fronti come la vortioxetina, molecola che, oltre a bloccare la ricaptazione della serotonina, agisce direttamente sui diversi recettori dell’ormone del buonumore riuscendo a stimolare le funzioni cognitive di chi è depresso e a minimizzare gli effetti collaterali, quali aumento di peso e calo della libido, sebbene per qualche settimana possa essere presente nausea. Inoltre, rispetto ai farmaci tradizionali, la nuova molecola permette di sospendere il farmaco senza doverne ridurre progressivamente il dosaggio. Tra le terapie nuove per la depressione, invece, sono allo studio i probiotici. Infatti, studi recenti hanno dimostrato che esiste un link tra cervello e microbiota, ovvero i miliardi di microrganismi diversi che popolano l’intestino e metabolizzano buona parte della serotonina».

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