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Intervento di protesi d’anca: come si esegue?

Quando l’artrosi dell’anca raggiunge uno stadio avanzato e le terapie conservative eseguite non riescono più a garantire una qualità di vita accettabile, l’intervento di protesi rappresenta spesso l’unica soluzione per tornare a camminare senza dolore. La chirurgia protesica dell’anca prevede diverse fasi di preparazione ed esecuzione dell’intervento.

Ne parliamo con il dottor Pierantonio Gardelin, referente ortopedico della chirurgia mininvasiva anteriore e di rivestimento dell’anca di Humanitas San Pio X.

La preparazione all’intervento: ogni dettaglio conta

Con la diagnosi di artrosi dell’anca e l’indicazione all’intervento di protesi, per il chirurgo ortopedico inizia la fase di studio del caso specifico di ogni paziente. La scelta della tecnica chirurgica e del tipo di protesi viene sempre personalizzata dal chirurgo in base alle caratteristiche individuali del paziente, alla sua età e alle specifiche esigenze di recupero funzionale. Questo approccio su misura, combinato con le moderne tecniche mininvasive, rappresenta oggi il gold standard per garantire i migliori risultati possibili.

Sulla base della tecnica chirurgica discussa con il paziente in fase di visita, per pianificare l’intervento il chirurgo può aver bisogno di radiografie specifiche eseguite con il paziente in posizione eretta oppure TC dell’anca nei casi più complessi. Le immagini degli esami di imaging vengono visionate e analizzate con software moderni di supporto alla pianificazione dell’intervento che permettono di ottenere informazioni quali:

  • estensione del danno cartilagineo
  • morfologia (forma) delle componenti ossee dell’articolazione
  • eventuali differenze nella lunghezza delle gambe
  • presenza di calcificazioni, osteofiti o alterazioni anatomiche.

La pianificazione dell’intervento è una parte importante dell’intervento perché permette al chirurgo di scegliere con precisione il modello di protesi più adatto al caso, alle caratteristiche e alle richieste funzionali del paziente, e di pianificare ogni fase dell’intervento, inclusi i tagli e l’angolo di posizionamento delle componenti protesiche. 

Come è fatta una protesi d’anca totale?

Una protesi d’anca totale è composta da quattro elementi principali, ciascuno progettato per replicare perfettamente la funzione dell’articolazione naturale. Lo stelo metallico si inserisce all’interno del femore e ha il ruolo di sostenere la nuova articolazione. Su di esso si innesta una sfera, realizzata in metallo o ceramica avanzata, che riproduce la testa del femore originale e la sostituisce.

Dal lato del bacino, una coppa metallica prende il posto della cavità naturale dell’acetabolo, mentre un rivestimento interno in materiale plastico ultra-resistente garantisce movimenti fluidi. I metalli utilizzati, prevalentemente leghe di titanio o tantalio, sono stati sviluppati specificatamente per l’uso medico e risultano biocompatibili anche per chi soffre di allergie a nichel o altri metalli.

In alcuni casi, specialmente nei pazienti più anziani o quando la qualità ossea è compromessa dall’osteoporosi, il chirurgo può scegliere di utilizzare un cemento medicale speciale per favorire l’integrazione e la tenuta perfetta dello stelo della protesi con l’osso circostante. 

Nei casi di artrosi in pazienti giovani e sportivi, invece, la protesi più utilizzata è chiamata protesi di rivestimento. Si tratta di una protesi che riveste la testa femorale malata, e non la sostituisce, come nel caso della protesi totale dell’anca.

Cosa significa chirurgia protesica mininvasiva dell’anca? 

Le moderne tecniche mininvasive di chirurgia dell’anca permettono di eseguire l’intervento attraverso incisioni molto piccole, preservando al massimo muscoli e tendini circostanti. Questo approccio rispettoso dei tessuti si traduce per il paziente in meno dolore post-operatorio, guarigione più rapida e ritorno più veloce alle attività quotidiane.

L’accesso postero-laterale rappresenta una delle tecniche più diffuse. Il paziente viene posizionato sul fianco e il chirurgo raggiunge l’articolazione attraverso una piccola incisione nella regione glutea, spostando delicatamente i muscoli senza danneggiarli ad eccezione di un piccolo tendine. La preservazione del muscolo medio gluteo, fondamentale per la stabilità durante la camminata, è uno dei vantaggi principali di questa tecnica.

In alcuni casi selezionati, è possibile utilizzare l’accesso anteriore diretto, una tecnica conservativa che sfrutta gli spazi naturali tra i muscoli. L’incisione chirurgica può essere posizionata anteriormente o nella variante “bikini”, praticamente invisibile sotto gli indumenti intimi.

Gli approcci e le tecniche mininvasive hanno il vantaggio di permettere al paziente di essere mobilizzato a poche ore dall’intervento, sentire meno dolore dopo l’intervento, avere un ricovero più breve, recuperare in tempi più rapidi (riabilitazione di circa 3 settimane), sentire una migliore stabilità della protesi, e tornare in tempi brevi alle proprie attività quotidiane.

Anestesia e gestione del dolore post operatorio

L’intervento di protesi d’anca si svolge, in genere, in anestesia spinale, una tecnica che blocca completamente la sensazione dolorosa nella parte inferiore del corpo mantenendo il paziente cosciente, a cui viene spesso associata una sedazione leggera che permette però di riposare serenamente durante tutta la procedura. Nei primi giorni dopo l’intervento, il fastidio legato alla ferita chirurgica e agli effetti residui dell’anestesia è gestibile con farmaci antidolorifici e tende a diminuire rapidamente.

Come ogni procedura chirurgica, l’impianto di protesi d’anca comporta alcuni rischi che, pur essendo rari grazie ai rigorosi protocolli di sicurezza adottati, includono infezioni, formazione di trombi, sanguinamento, danni a vasi o nervi, e complicazioni legate all’anestesia. L’utilizzo delle tecniche mininvasive e di terapie adeguate, tuttavia, ha contribuito significativamente a ridurre l’incidenza di queste complicazioni. 

Riabilitazione dopo la protesi: quando inizia e quanto dura?

Già il giorno stesso dell’intervento o quello successivo, è possibile alzarsi dal letto e muovere i primi passi con l’assistenza del personale sanitario. Il soggiorno in ospedale è breve, mediamente 4-5 giorni, durante i quali viene avviato immediatamente il programma riabilitativo.

La camminata è consentita fin da subito con il peso completo sulla gamba operata, ma per il primo mese circa è necessario utilizzare delle stampelle come supporto (inizialmente due, poi una sola). Durante la degenza, il personale fornisce istruzioni dettagliate su come camminare, fare le scale, usare eventuali ausili utili per le attività quotidiane, come rialzi per il water o cuscini divaricatori per dormire che a domicilio non saranno più necessari.

La riabilitazione inizia immediatamente dopo l’intervento ed è fondamentale per il successo dell’intervento. Gli esercizi specifici per il recupero del movimento e della forza muscolare vengono insegnati già prima dell’operazione e poi ripresi sistematicamente durante il ricovero. È importante proseguire il programma raccomandato dal chirurgo anche a casa, seguendo le indicazioni ricevute.

La medicazione avviene generalmente dopo due settimane, la rimozione dei punti di sutura non è necessaria in quanto riassorbibili, mentre i controlli medici sono programmati a intervalli specifici: il primo a 35-40 giorni dall’intervento, poi a 12 mesi. In queste visite vengono eseguite radiografie di controllo per verificare il corretto posizionamento della protesi e la sua perfetta integrazione con l’osso.

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