Dalla dieta per gestire i primi sintomi dell’ingrossamento della prostata, come la nicturia, ovvero la necessità di urinare che aumenta di notte e disturba il sonno, ai farmaci che agiscono sui sintomi e aiutano a ridurre il gonfiore dell’ipertrofia prostatica, fino agli interventi chirurgici tradizionali e a quelli laser di ultima generazione, molteplici sono i trattamenti. «Nella fasi iniziali della terapia, quando la prostata non è molto ingrossata – spiega il dottor dott. Luciano Nava, responsabile di urologia di Humanitas San Pio X – l’approccio è di solito conservativo: dieta, farmaci, cambiamento dello stile di vita possono aiutare il paziente con ipertrofia prostatica a ridurre i sintomi e risolvere il problema. Quando invece la prostata è di dimensione medio-grande, le scelte chirurgiche mininvasive sono diverse, ma va sottolineato che la scelta del tipo di trattamento dipende da diversi fattori, tra cui dimensione e peso della prostata, età, tipo di disturbo, aspettative e tipo di vita del paziente. La cura, quindi, è sempre personalizzata, non c’è un trattamento ideale, e l’obiettivo è andare incontro alle necessità di ogni singolo paziente restituendogli benessere e qualità di vita».
Ipertrofia prostatica, cos’è?
L’ipertrofia prostatica è una patologia benigna, che può comparire con l’avanzare dell’età, già dai 40 anni. Quando si parla di ipertrofia prostatica si intende l’aumento del volume della prostata, una piccola ghiandola a forma di castagna che in condizioni normali pesa 20 grammi. L’ingrossamento provoca la compressione del canale uretrale che vi corre all’interno, causando un difficoltoso deflusso dell’urina che può ristagnare in vescica: questo può provocare infezioni, dolore pelvico, calcoli, aumento della frequenza e urgenza a urinare, e la qualità di vita viene compromessa. «Per molti, il timore di sottoporsi all’intervento per la rimozione dell’adenoma, ovvero il tessuto in eccesso che aumenta il volume della prostata, è associato agli effetti collaterali sulle funzioni sessuali e urinarie, delle tecniche tradizionali – spiega l’urologo -. Infatti, interventi classici efficaci come la resezione endoscopica o l’enucleazione con laser ad Olmio eliminano una quantità di tessuto sufficiente per ottenere il miglioramento dei sintomi, ma si possono manifestare incontinenza urinaria, disuria irritativa e assenza di eiaculazione. Si tratta di complicanze che altre tecniche riducono sebbene non rimuovano grandi quantità di tessuto ipertrofico».
Migliora la qualità di vita dopo l’intervento
Tra le varie tecniche chirurgiche di rimozione dell’adenoma prostatico che permettono di ridurre gli effetti collaterali post operatori di altri trattamenti, specie di tipo irritativo, c’è il sistema robotizzato AquaBeam chiamato anche waterjet. «Si tratta di un intervento mininvasivo che utilizza un sistema robotizzato per la rimozione ad acqua del tessuto ipertrofico – continua il dott. Nava -, che riduce le complicanze post operatorie, in particolare di incontinenza urinaria, problemi di natura sessuale e compromettono la qualità di vita sessuale e produttiva del paziente. Indicato soprattutto in pazienti giovani o con prostata molto voluminosa, fino a 200g, e ostruzione dell’uretra, il sistema si avvale di un cistoscopio particolare di diametro più piccolo rispetto gli altri e quindi meno traumatico. L’intervento si esegue con controllo visivo con ecografia transrettale multiplanare, che permette al chirurgo di disegnare ecograficamente la porzione di adenoma da rimuovere, e pianificare la rimozione che sarà poi eseguita dal sistema robotizzato. La rimozione del tessuto avviene tramite un getto d’acqua che esce da un ugello posto sulla punta del cistoscopio. La potenza e la profondità del getto sono determinate dall’operatore e mantenute stabili da un robot che, come fosse un tergicristallo, sposta il getto da sinistra a destra all’interno dell’uretra risalendo dal collo vescicale fino al veru montanu. Anche se mininvasivo, l’intervento si esegue in sala operatoria, in anestesia loco-regionale o generale, e richiede un ricovero di due giorni. Sebbene consenta di rimuovere meno tessuto rispetto a interventi classici come la resezione endoscopica o l’enucleazione con laser ad Olmio, tuttavia elimina una quantità di tessuto sufficiente per ottenere il miglioramento dei sintomi soprattutto di tipo irritativo come urgenza minzionale con incontinenza da urgenza, bruciore e aumentata frequenza minzionali, fastidio pelvico e soprattutto con basso rischio di effetti collaterali di natura sessuale».
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