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Disturbi della tiroide in gravidanza: quali sono gli effetti per la mamma e il bambino?

I disturbi della tiroide sono molto diffusi nelle donne in gravidanza, spesso per un’incapacità della tiroide a far fronte alle aumentate richieste di ormone tiroideo a cui si può associare una carenza di iodio. Le patologie della tiroide, frequenti nella donna in età fertile, possono essere presenti già prima del concepimento.

Ne parliamo con la dottoressa Caterina Premoli, endocrinologa e diabetologa di Humanitas San Pio X.

Quali sono i disturbi più frequenti in gravidanza?

Gli ormoni tiroidei hanno un ruolo fondamentale in gravidanza per l’adeguato sviluppo del feto, tanto che la presenza nella mamma di una disfunzione della ghiandola tiroide può influire negativamente sugli esiti della gravidanza stessa.

La presenza di disturbi autoimmuni della tiroide, come la tiroidite di Hashimoto e la malattia di Graves, sono da otto a dieci volte più frequenti nelle donne che negli uomini e hanno un picco di prevalenza all’inizio della vita adulta della donna. Alcuni studi stimano che in gravidanza circa il 2-3% delle donne soffra di ipotiroidismo perlopiù subclinico, cioè asintomatico. Meno frequente è invece lo sviluppo di ipertiroidismo, nella maggior parte dei casi transitorio e asintomatico e solo in una piccola percentuale di natura autoimmune.

Il corretto funzionamento della tiroide è importante tanto per la salute della madre quanto per quella del feto. Il feto infatti dipende dagli ormoni tiroidei materni che attraversano la placenta durante il primo trimestre di gravidanza, ovvero fino alle 18-20 settimane di gestazione, periodo in cui avviene la completa maturazione della ghiandola tiroidea fetale. Inoltre, entro 12 mesi dal parto, circa il 5% delle donne può presentare una disfunzione tiroidea transitoria causata dalla tiroidite post-partum.

Quali sono gli effetti delle disfunzioni tiroidee in gravidanza?

  • Ipotiroidismo

Durante la gravidanza, soprattutto nelle prime settimane di gestazione, è importante avere adeguati livelli ematici di ormoni tiroidei per garantire un adeguato sviluppo somatico e cerebrale del feto. L’ipotiroidismo, infatti, si può associare a eventi avversi ostetrico-neonatali tra cui un aumentato rischio di aborto spontaneo.

Se la tiroide non è in grado di adattarsi allo stato di gravidanza aumentando la produzione di ormone tiroideo, soprattutto in presenza di una carenza anche lieve di iodio, è necessario iniziare la terapia sostitutiva con l’ormone tiroideo.

  • Tiroidite autoimmune

La tiroidite cronica di Hashimoto è un processo infiammatorio autoimmune della tiroide. Tale patologia, più frequente nelle donne, è spesso silente. Nel tempo può portare ad una graduale ma progressiva e irreversibile ipofunzione della tiroide. Quando la produzione di ormone tiroideo diventa insufficiente si instaura il quadro dell’ipotiroidismo che può avere effetti negativi sulla gravidanza e sullo sviluppo fetale.

  • Carenza di iodio

Lo iodio è un micronutriente essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei che a loro volta sono importanti per il metabolismo di tutto l’organismo. Durante la gravidanza, in caso di carenza iodica anche lieve e relativo ridotto funzionamento della tiroide, al feto potrebbe non arrivare una sufficiente quantità di ormoni tiroidei con possibile impatto negativo sull’accrescimento psicofisico prima e dopo la nascita. Un corretto apporto di iodio perciò è fondamentale durante la gravidanza, fin dal concepimento, e per tutto l’allattamento. Durante la gravidanza e l’allattamento al seno, la quantità di iodio che la neo-mamma dovrà assumere è più elevata ed è pertanto indicato ricorrere a integratori alimentari specifici a base di iodio.

  • Noduli tiroidei

Il riscontro di noduli tiroidei in gravidanza non è un evento raro: si stima che la prevalenza dei noduli tiroidei nelle donne in gravidanza vada dal 3% al 29%. I noduli tiroidei infatti sono più frequenti nel sesso femminile e nelle aree a carenza iodica. L’ecografia della tiroide è l’esame diagnostico che permette di valutare le caratteristiche e le dimensioni dei noduli e può essere eseguito anche in corso di gravidanza. Nel caso di sospetto, può essere eseguito l’agoaspirato per andare ad eseguire l’esame citologico del nodulo.

  • Tiroidite post-partum

La tiroidite post-partum è una disfunzione tiroidea che insorge, in genere, entro un anno dal parto e colpisce il 5% delle donne. In una prima fase, chiamata tireotossica, c’è un aumentato rilascio in circolo degli ormoni tiroidei con lievi sintomi da ipertiroidismo. Questa fase dura in genere 1-2 mesi e può essere seguita da una fase di ipotiroidismo. La terza fase è caratterizzata dal recupero funzionale. Tuttavia, il 50% delle donne rimarrà ipotiroidea per cui sarà necessario avviare la terapia sostitutiva. Inoltre, le donne che hanno sviluppato tiroidite post-partum hanno fino al 70% di probabilità di manifestarla anche nelle gravidanze successive e tenderanno a sviluppare un ipotiroidismo permanente negli anni successivi.

Esami della tiroide: quando farli?

Alla luce delle conoscenze che oggi abbiamo sugli effetti delle disfunzioni tiroidee in gravidanza, è consigliato alle donne che stanno pensando a una gravidanza o sono all’inizio di una gravidanza di eseguire un prelievo per il dosaggio del TSH-r. Sulla base dei risultati, su indicazione dell’endocrinologo, potrà essere necessario dosare anche degli anticorpi anti Tg e degli anticorpi Anti-TPO ed eseguire un’ecografia tiroide. Inoltre, le donne note per ipotiroidismo prima del concepimento e già in terapia sostitutiva, dovranno controllare ogni 1-2 mesi il TSH-r per adeguare il dosaggio di levotiroxina nel corso della gravidanza.

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