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Infezione da HPV: come si diagnostica?

Le infezioni da HPV (Papilloma virus umano) rappresentano una delle malattie sessualmente trasmissibili più frequenti. I sintomi più comuni sono le  verruche genitali (condilomi) che possono comparire anche a livello della vulva e/o della vagina, sotto forma di piccole protuberanze pruriginose, nonostante in genere l’infezione da HPV sia asintomatica. Le infezioni genitali possono avvenire anche senza rapporto sessuale, se ci sono cellule virali attive e se sono presenti lacerazioni, tagli o abrasioni nella pelle e/o nelle mucose. «Sebbene la maggior parte delle infezioni genitali da HPV regredisca spontaneamente, nel 10% dei casi il virus riesce ad alterare le mucose del collo dell’utero e portare lentamente alla formazione di tumore spiega il dottor Alessandro Bulfoni, responsabile di ginecologia di Humanitas San Pio X. Tuttavia, le donne hanno a disposizione uno strumento di prevenzione molto efficace, il Pap Test. Considerato il primo esame di screening per diagnosticare precocemente il tumore al collo dell’utero, questo test consiste nel prelievo di cellule durante una visita ginecologica che verranno poi analizzate in laboratorio, per individuare le lesioni tumorali quando sono ancora ad uno stadio precoce e asintomatico. e, quindi, intervenire tempestivamente con la cura».

Pap test: per chi è consigliato

«In generale si consiglia di sottoporsi al Pap test alle donne nella fascia d’età compresa tra i 25 e 65 anni, o comunque prima dell’inizio dell’attività sessuale – continua l’esperto -. In linea con le indicazioni ministeriali, dopo il primo Pap test, il controllo va ripetuto

  • ogni anno, per donne che hanno una storia precedente di HPV o fattori di rischio conclamati 
  • ogni 3 anni, per donne prive di fattori di rischio e mai risultate positive all’HPV (nel caso la donna lo desiderasse, per un migliore monitoraggio della salute può richiedere al proprio ginecologo di svolgere il Pap test con cadenza annuale anziché triennale, )

Per quanto riguarda il quando effettuare il Pap test, va ricordato che l’esame non può essere svolto durante le mestruazioni. Quindi, al momento della prenotazione, bisognerà specificare l’intervallo tra un flusso e l’altro, tenendo conto che nel periodo preovulatorio si tende a prelevare una quantità maggiore di cellule. Per non rischiare di alterare i risultati, prima dell’esame vanno evitati: rapporti sessuali (nei tre giorni precedenti), ovuli e lavande vaginali. Invece, contraccettivi orali e spirale intrauterina non sono rischiosi per l’attendibilità del test. L’importante è rivolgersi sempre al proprio ginecologo, l’unico in grado di poter esaminare correttamente l’eventuale presenza dei condilomi o di altre alterazioni legate al Papilloma virus, ma anche il solo a poter fornire  indicazioni e raccomandazioni precise a seconda del proprio caso».

Oltre al Pap test: cos’altro si può fare?

«In caso di esito positivo del Pap test, la paziente è tenuta a sottoporsi a un esame di secondo livello, chiamato colposcopia. Si tratta di un esame che, grazie a dei coloranti specifici, permette di visualizzare le zone del collo dell’utero in cui si trova il virus e che richiedono una futura indagine tramite biopsia. Con il successivo esame istologico si potrà ottenere la conferma della diagnosi. Inoltre, in alcuni casi,  sarà necessaria anche l’esecuzione di un tampone per la ricerca del Papilloma virus. Per quanto riguarda invece la prevenzione, per evitare di contrarre l’infezione da HPV vanno ricordate alcune semplici attenzioni – conclude il dottor  Bulfoni -. Ad esempio, usare il preservativo durante il rapporto sessuale e curare adeguatamente l’igiene personale. Inoltre, da alcuni anni è stato diffuso il vaccino che protegge la cervice uterina dai ceppi più pericolosi di HPV. Gli studi ne hanno dimostrato l’efficacia sugli adolescenti, per ridurre il rischio di trasmissione, e recentemente alcune ricerche ne stanno validando l’efficacia anche sulla popolazione adulta o sulle persone che hanno già contratto l’infezione».

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